Welcome to the new Romio at Costabissara blog. Copyright Maurizio Romio – All Rights Reserved.
Elenco completo dei post pubblicati nel blog dal 2010
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Passeggiando lungo le vie del mio paese, il comune di Costabissara in provincia di Vicenza, con un po’ di attenzione non è difficile scorgere fra i rami degli alberi un piccolo passeriforme, di dimensioni intorno ai 12 cm, dai colori sgargianti: il cardellino (nome scientifico Carduelis carduelis).
Il suo piumaggio lo rende immediatamente identificabile: maschera del viso color rosso sangue, testa nera all’apice e bianca ai lati, ali nere con banda gialla.
Questo uccellino si nutre principalmente di semi e quindi per la sua localizzazione è bene prestare attenzione a quelle piante che gli offrono il cibo di cui nutrirsi.
È il caso ad esempio del liquidambar styraciflua, noto anche come albero della gomma dolce, un albero originario del Nord America e presente anche nel nostro comune di Costabissara, un albero molto apprezzato per la sua bellezza e per i suoi splendidi colori autunnali simili a quelli dell’acero.
I frutti del liquidambar sono sferici, prima verdi e poi marroni, e contengono al loro interno i semi di cui il cardellino ama nutrirsi. Questi frutti rimanendo a lungo sulla pianta costituiscono anche nel periodo invernale una importante fonte di nutrimento per molti tipi di uccelli.
Il suo becco corto, appuntito e robusto gli permette di forare i semi di cui si nutre. Nel cardellino il dimorfismo sessuale è facilmente riconoscibile. La mascherina rossa sul viso del maschio va oltre l’occhio mentre nella femmina non supera la sua metà.
Il suo nome, cardellino, è tratto dal nome della pianta, dei semi della quale ama nutrirsi: il cardo.
Rimanendo nella tradizione, ed in particolare nella tradizione cristiana, si dice che la corona di spine posta sul capo di nostro Signore Gesù, al momento della crocifissione, fosse costituita dai rami irti di spine di questa pianta, il cardo. Un cardellino preso a compassione si adoperò per togliere le spine conficcatesi nella fronte di Gesù; il sangue di Cristo impregnò le piume del viso del cardellino conferendogli da quel momento il caratteristico colore rosso sangue della sua maschera facciale.
Macchina fotografica: OM System OM-1 mark II
Obiettivi: OM SYSTEM M. Zuiko Digital 150-600mm F5.0-6.3 IS
Solo pochi anni fa il posto più vicino, nel mio caso, dove poter vedere questo uccello era il Delta del Po.
Ora invece alcuni esemplari di ibis sacro li ho fotografati nei pressi della mia abitazione, nel comune di Costabissara.
Ibis è il nome comune di alcuni tipi di trampolieri appartenenti al sottordine delle Cicogne.
Diffuso in Africa l’ibis era particolarmente comune nella valle del Nilo ora scomparso da questo habitat.
Un tempo gli antichi Egizi pensavano che l’ibis fosse propiziatorio per le piene del fiume Nilo, molto importanti per l’economia dell’antico Egitto. Quando gli ibis raggiungevano l’Egitto significava che le piene del fiume Nilo erano imminenti. Ecco perché l’ibis era considerato un uccello propiziatorio e sacro. Inoltre si riteneva che la sua presenza contrastasse la proliferazione dei serpenti, animali pericolosi per coloro che lavoravano nei campi.
L’ibis sacro è lungo una settantina di centimetri compresa la coda; testa e collo sono privi di penne e sono di un colore nero intenso.
L’ Ibis vive in zone umide ricche di corsi d’acqua. Si nutre di crostacei, molluschi, rettili, insetti, pesci e rane.
I giovani ibis, a differenza degli adulti, hanno il collo e il capo ricoperte da piume bianco nere.
Le dita anteriori dell’ibis sono collegate da una membrana, mentre il dito posteriore è libero.
Una caratteristica di questo uccello è che presenta nella parte inferiore dell’ala un lembo di pelle nuda priva di piume e di color rosso.
Altri ibis in generale li possiamo trovare ad esempio nell’America tropicale, come l’ibis rosso (Guara guara) dal piumaggio vermiglio; nell’Africa orientale e settentrionale ed in Arabia vive l’ibis eremita (Comatibis eremita), così chiamato perché ama vivere in luoghi isolati, più grande dell’ibis sacro e dal piumaggio nero lucente.
Macchina fotografica:
Olympus E-M10 Mark III
OM System OM-1 Mark II
Obiettivi:
OLYMPUS M.Zuiko ED 100-400mm F5.0-6.3 IS
OM SYSTEM M. Zuiko Digital 150-600mm F5.0-6.3 IS
Da non confondere con la cinciallegra dal capo nero.
Cincia é il nome comune di molte specie di piccoli passeracei del genere Parus.
Ama vivere sugli alberi dove nidifica nei buchi dei tronchi o nei nidi lasciati incustoditi. Si ciba di insetti, larve e semi.
Molte sono le specie del genere Parus: la cincia mora (Parus ater); la cincia bigia (Parus palustris); la cincia bigia alpestre (Parus atricapillus montanus), che presenta una calotta nera sulla testa, un dorso bruno grigio, un petto e ventre biancastri; la cincia col ciuffo (Parus cristatus mistratus), caratterizzata dalle penne del capo dal colore nero orlate di bianco che possono erigersi; la cincia codone o codibugnolo (Aegithalus caudatus), caratterizzata da una coda molto lunga rispetto al corpo; la cinciallegra (Parus major) che presenta un piumaggio nero sulla testa, guance bianche, un dorso dalla tonalità color verdastro, ali e coda grigio-azzurre, ventre giallo; la cinciarella (Parus coeruleus) caratterizzata dalla calotta della testa dal piumaggio celeste-azzurro e circondata da un collare nero, un dorso verde-giallastro, ali e coda azzurre, ventre giallo.
Not to be confused with the black-headed tit.
Tit is the common name for many species of small passerines of the genus Parus.
It loves to live in trees where it nests in holes in trunks or in nests left unattended. It feeds on insects, larvae and seeds.
There are many species of the genus Parus: the coal tit (Parus ater); the marsh tit (Parus palustris); the Alpine marsh tit (Parus atricapillus montanus), which has a black cap on its head, a grey-brown back, and a whitish chest and belly; the crested tit (Parus cristatus mistratus), characterised by black head feathers edged with white that can stand erect; the long-tailed tit (Aegithalus caudatus), characterised by a tail that is very long in relation to its body; the great tit (Parus major) which has black plumage on the head, white cheeks, a greenish-coloured back, grey-blue wings and tail, and a yellow belly; the blue tit (Parus coeruleus) characterised by a light blue-plumaged head crown surrounded by a black collar, a yellowish-green back, blue wings and tail, and a yellow-plumaged belly.
To take these images I used the following photographic equipment:
Camera: OM System OM-1 mark II
Lens: Telephoto OM SYSTEM M.Zuiko Digital ED 150-600mm F5.0-6.3 IS
Shot locations: Italy, Costabissara (VI)
Warm greetings to the blog visitors.
Maurizio Romio
Nel fare un po’ di pratica all’uso della nuova OM System OM-1 mark II abbinata al supertele OM System ED 150-600mm ho avuto modo di scattare alcune foto ad un gheppio. (Per una migliore visione delle immagini fare un singolo click sulle foto per ingrandirle).
In alcuni scatti ho ripreso il gheppio in volo e mi ha colpito il suo profilo alare.
Cosa si può cogliere osservando il suo profilo alare?
Rifacendomi alle nozioni di aereodinamica nel profilo alare del gheppio si può cogliere ad esempio quello che nel gergo aereonautico viene indicato “Il bordo di attacco” ed il “bordo di uscita”, i due estremi del suo profilo alare.
Possiamo immaginare poi la linea che unisce questi due punti chiamata la “corda alare” cioè la linea retta che unisce il bordo d’attacco con il bordo d’uscita e la linea che delimita superiormente il profilo dell’ala, il così detto “dorso” o la linea che delimita inferiormente il profilo, il “ventre”.
Sappiamo che durante il volo l’aria esercita sul profilo alare una pressione e vediamo come la conformazione del profilo alare del gheppio possa adattarsi e influenzare questa “forza” che preme sul suo profilo.
L’ala sostanzialmente ha due scopi: generare portanza, cioè la forza necessaria a sollevare e mantenere il corpo in aria; in secondo luogo controllare l’inclinazione del corpo verso destra o sinistra, il così detto rollio, e questo mediante parti specifiche che nel caso del nostro gheppio sono rappresentate dalle penne esterne delle sue ali o della sua coda, in aereonautica deputati a questa funzione sono gli “alettoni”.
Quando il profilo alare viene investito dall’aria si generano delle forze aerodinamiche che creano sul ventre una pressione e sul dorso una depressione.
La pressione genera il sostentamento.
Macchina fotografica: OM System OM-1 mark II
Lente: Teleobiettivo OM SYSTEM M.Zuiko Digital ED 150-600mm F5.0-6.3 IS
Luoghi dello scatto: Costabissara (VI) zona umida La Boschetta
Un cordiale saluto ai visitatori del blog.
Maurizio Romio
Da poco ho aggiunto al mio corredo fotografico il recente teleobiettivo della OM System, l’M. Zuiko 150-600mm 5.0-6.3 IS.
Un teleobiettivo, il 150-600mm, con spiccate peculiarità per l’avifauna e quindi mi son detto: “Perché non provarlo direttamente nel suo ambiente più naturale, nel parco naturale del Delta del Po?”
Pubblico quindi di seguito una serie di immagini frutto di questi primi approcci all’uso di questo zoom super tele micro quattro terzi 150-600mm della OM System che, nel formato 35 mm, equivale ad un teleobiettivo 300-1200mm.
Come corpo macchina fotografica ho usato la mia fidata Olympus E-M10 Mark III.
Dal punto di vista meteorologico la giornata dedicata al test presenta una foschia diffusa, una condizione che si presenta di frequente nel mese di novembre, e quindi, “fotograficamente” ci si deve sintonizzare su questa linea d’onda, cercando di cogliere negli scatti ciò che in questo periodo la natura e i suoi “residenti” offrono in termini di colori, situazioni e atmosfera.
Nel corso della giornata ho avuto occasione di scattare alcune immagini ad un rapace molto comune in questi luoghi del Delta del Po, la Poiana comune, nome scientifico Buteo buteo Linnaeus, 1758.
Osservando la Poiana comune nel suo ambiente naturale ho potuto cogliere alcuni aspetti dei suoi momenti di caccia.
Eccola ritratta appoggiata su un punto di osservazione dominante dal quale osserva l’ambiente circostante pronta a scattare verso una possibile preda.
Nelle due immagini che seguono invece possiamo notare una poiana comune nascosta fra l’erba mentre scruta la folta vegetazione di un piccolo corso d’acqua.
Oppure la possiamo cogliere in volo lungo le sponde di un argine
Nell’immagine seguente vediamo una poiana ferma a terra in un punto dove il colore marrone predominante del suo piumaggio si mimetizza con il colore dell’ambiente circostante (click sull’immagine per ingrandire)
In natura incontrare una nutria selvatica albina è molto raro. L’albinismo è una mutazione genetica poco presente nel regno animale e consiste nell’assenza della melanina, la sostanza che dà colore alla pelle, ai capelli e agli occhi con lo scopo di proteggere questi organi dalla luce solare.
Per questo motivo chi presenta questa forma di anomalia genetica è più a rischio di sopravvivenza, sia perché meno difeso difronte alle malattie e sia perché l’animale albino che vive in natura è più vulnerabile ai suoi predatori data la sua poca mimetizzazione nell’ambiente in cui vive.
Ecco perché in natura è estremamente raro incontrare un animale selvatico albino.
Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III
Lente: Teleobiettivo OM SYSTEM M.Zuiko Digital ED 150-600mm F5.0-6.3 IS
Luoghi dello scatto: Sacca degli Scardovari – Porto Tolle (Rovigo)
Un cordiale saluto ai visitatori del blog. Maurizio Romio
Lo scorso fine settimana ho avuto occasione di scattare, in un laghetto situato nel Comune di Costabissara, alcune foto ad una coppia di giovani cigni.
Sono due fratelli, molto uniti fra di loro, introdotti in questo laghetto nel 2019.
Non so il loro nome o se mai ne hanno alcuno, però un nome da dar loro ce l’avrei. Li chiamerei…
Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III
Obiettivo: M.Zuiko 150-600mm F5.00-6.3 IS
Come da tradizione il primo albero di Natale è quello allestito dalla natura.
(Foto scattata con Olympus E-M10 Mark III + M. Zuiko 150-600mm F5.0-6.3 IS)
Di seguito alcuni scatti effettuati utilizzando il medesimo corpo macchina e il teleobiettivo M. Zuiko 150-600mm F5.0-6.3 IS da poco aggiunto al mio corredo fotografico.
In occasione delle vacanze estive di agosto 2024, trascorse nel delta del Po, ho avuto occasione di incontrare e fotografare alcune specie di rapaci notturni, i veri padroni delle notti di questo ambiente naturale, unico ed esclusivo. Uccelli dei quali spesso nel corso delle notti si sente il loro canto ma che raramente si riescono a vedere.
Di seguito alcune mie brevi annotazioni che accompagnano le immagini. Per una migliore visione fare un singolo click sulle foto per ingrandirle
Osservando le immagini possiamo notare che le piume striate color marrone del gufo comune costituiscono un piumaggio mimetico ideale per questo rapace notturno. Il corpo del gufo ripreso in alcune delle seguenti foto lo si può visivamente interpretare come una naturale continuazione del paletto di legno sul quale appoggia.
Altra cosa che possiamo notare è la particolare conformazione del viso di questi rapaci notturni.
Presentano un viso rotondo quasi piatto simile ad una parabola satellitare. Questa particolare conformazione del viso aiuta ad esempio il gufo a far convergere i suoni su di sé ed indirizzarli verso i suoi organi uditivi. Attraverso le orecchie poste sulla sommità della testa il gufo, nel buio della notte, riesce a determinare le coordinate del punto di provenienza della fonte del suono, come può essere quello di una sua ipotetica preda ed indirizzarsi, volando nel buio, verso di essa. Un po’, se vogliamo, è come avere un metal detector in azione, più aumenta il suono più significa che siamo in prossimità e in direzione del nostro obiettivo.
Nella foto di seguito riprodotta si possono notare le grandi orecchie di cui è dotato il gufo.
Nel video seguente si può assistere al momento della preparazione del gufo allo spiccare in volo nel buio in direzione della preda.
Dopo un po’ il gufo ritorna con la sua preda fra gli artigli e può iniziare il suo pasto.
Nell’equilibrio della natura questi rapaci cibandosi molto spesso di ratti e topi svolgono un importante ruolo nel contenimento di questi roditori. Se pensiamo al tema della collaborazione nel mondo animale fra specie diverse spesso in passato, per questo loro importante ruolo, in prossimità delle fattorie venivano riservati ad alcune specie di rapaci dei sicuri rifugi dove poter trascorrere il loro tempo e nidificare. In cambio di questa accoglienza questi uccelli tenevano lontane alcune specie di animali considerate “pericolose” per l’uomo come appunto ratti, topi e serpenti.
La civetta (Athene noctua) ritratta nella foto è accovacciata seminascosta ai bordi della strada lungo la quale può trovare di cui nutrirsi. La civetta ha una dieta che può includere insetti, vermi, piccoli uccelli e mammiferi.
Presenta degli occhi con un giallo brillante.
Il nome scientifico “Athene noctua” si ricollega ad Atena, una delle più importanti divinità dell’antica religione greca. La civetta era uno dei simboli sacri di questa dea.
I caratteristici occhi della civetta, di un color giallo luminoso, attraverso i quali può vedere nell’oscurità, sono indice di saggezza, simbolo del saper vedere le cose nei momenti più bui, del saper vedere quello che normalmente non vediamo e, per rimanere in tempi più attuali, dell’andare oltre al “WYSIATI”, abbreviazione di “What you see is all there is”, al “Quello che si vede è l’unica cosa che c’è”, termine riportato nel libro dal titolo “Pensieri lenti e veloci” dall’autore Daniel Kahneman, psicologo israeliano, vincitore nel 2002 del premio Nobel per l’economia assieme a Vernon Smith.
Il barbagianni, ma quanto bello e dolce è il barbagianni.
Con il suo viso rotondo a forma di cuore e gli occhi neri dall’espressione dolce il termine rapace, così come noi lo interpretiamo, poco gli si addice.
Con sincerità, mentre ero intento a fotografare un gufo appollaiato, devo ammettere che vedermi arrivare verso di me, fino a giungere a pochi metri di distanza, questa “immagine bianca vagante” sbucata dal buio, mi ha fatto prendere una grossa paura.
Questo elegante uccello nel piumaggio si presenta con un dorso dorato e una parte inferiore bianca, particolari che, uniti al viso a forma di cuore, lo rendono ben identificabile.
Anche per lui così, come per molte specie di rapaci, il suo amore per la caccia lungo i fossati posti ai bordi delle strade lo rende vulnerabile agli incidenti stradali.
Un incontro del quale sono rimasto entusiasta.
Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III
Obiettivi: Olympus M.Zuiko 40-150mm F2.8 PRO
Luoghi dello scatto: Sacca degli Scardovari – Porto Tolle (Rovigo)
Un cordiale saluto ai visitatori del blog
Con il termine Albanella si indica una serie di uccelli rapaci del genere Circus che comprende varie specie tra le quali l’albanella mezzana (Circus aeruginosus), detta anche falco di palude, l’albanella reale (Circus cyaneus), la pallida e la minore.
Di seguito alcune immagini del rapace della specie Albanella reale scattate in località Sacca degli Scardovari nel Comune di Porto Tolle in provincia di Rovigo.
Nella foto sopra si vede un esemplare maschio di albanella reale mentre sta perlustrando il suo luogo di caccia. Si possono notare le cinque “dita” nella zona terminale delle ali. Questo particolare differenzia l’albanella reale dall’albanella minore in quanto quest’ultima presenta solamente quattro “dita”. Il maschio di albanella reale lo si riconosce dalle sfumature di grigio nella sua parte superiore, sul petto e dall’addome biancastro mentre la femmina, ripresa in volo nell’immagine sotto riportata, è prevalentemente marrone con striature chiaro scure.
L’albanella predilige le zone aperte, in particolar modo quelle paludose, dove si ciba di insetti e di piccoli mammiferi, rettili e anfibi.
La modalità di nidificare al suolo dell’albanella la rende particolarmente vulnerabile ai cambiamenti antropici o naturali del terreno.
A volte può succedere che il nido possa trovarsi in un campo coltivato, magari a cereali, ed in questo caso, se il periodo della nidificazione coincide con quello della mietitura, si può verificare incidentalmente la perdita dell’intera covata a causa dell’uso dei macchinari utilizzati per la raccolta del cereale. Durante il periodo della cova generalmente è il maschio che si occupa di cercare il cibo anche per la femmina impegnata a covare.
L’apertura alare di un esemplare adulto di albanella reale può raggiungere i 120 cm.
Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III
Obiettivi:
Olympus M.Zuiko 100-400mm F5.0-6.3 + MC-20
Luoghi dello scatto: Sacca degli Scardovari – Porto Tolle (Rovigo)