Welcome to the new Romio at Costabissara blog. Copyright Maurizio Romio – All Rights Reserved.
Elenco completo dei post pubblicati nel blog dal 2010
Previous Blog: http://www.romiocostabissara.it/wordpress/
Urban blog
Welcome to the new Romio at Costabissara blog. Copyright Maurizio Romio – All Rights Reserved.
Elenco completo dei post pubblicati nel blog dal 2010
Previous Blog: http://www.romiocostabissara.it/wordpress/
Da poco ho aggiunto al mio corredo fotografico il recente teleobiettivo della OM System, l’M. Zuiko 150-600mm 5.0-6.3 IS.
Un teleobiettivo, il 150-600mm, con spiccate peculiarità per l’avifauna e quindi mi son detto: “Perché non provarlo direttamente nel suo ambiente più naturale, nel parco naturale del Delta del Po?”
Pubblico quindi di seguito una serie di immagini frutto di questi primi approcci all’uso di questo zoom super tele micro quattro terzi 150-600mm della OM System che, nel formato 35 mm, equivale ad un teleobiettivo 300-1200mm.
Come corpo macchina fotografica ho usato la mia fidata Olympus E-M10 Mark III.
Dal punto di vista meteorologico la giornata dedicata al test presenta una foschia diffusa, una condizione che si presenta di frequente nel mese di novembre, e quindi, “fotograficamente” ci si deve sintonizzare su questa linea d’onda, cercando di cogliere negli scatti ciò che in questo periodo la natura e i suoi “residenti” offrono in termini di colori, situazioni e atmosfera.
Nel corso della giornata ho avuto occasione di scattare alcune immagini ad un rapace molto comune in questi luoghi del Delta del Po, la Poiana comune, nome scientifico Buteo buteo Linnaeus, 1758.
Osservando la Poiana comune nel suo ambiente naturale ho potuto cogliere alcuni aspetti dei suoi momenti di caccia.
Eccola ritratta appoggiata su un punto di osservazione dominante dal quale osserva l’ambiente circostante pronta a scattare verso una possibile preda.
Nelle due immagini che seguono invece possiamo notare una poiana comune nascosta fra l’erba mentre scruta la folta vegetazione di un piccolo corso d’acqua.
Oppure la possiamo cogliere in volo lungo le sponde di un argine
Nell’immagine seguente vediamo una poiana ferma a terra in un punto dove il colore marrone predominante del suo piumaggio si mimetizza con il colore dell’ambiente circostante (click sull’immagine per ingrandire)
In natura incontrare una nutria selvatica albina è molto raro. L’albinismo è una mutazione genetica poco presente nel regno animale e consiste nell’assenza della melanina, la sostanza che dà colore alla pelle, ai capelli e agli occhi con lo scopo di proteggere questi organi dalla luce solare.
Per questo motivo chi presenta questa forma di anomalia genetica è più a rischio di sopravvivenza, sia perché meno difeso difronte alle malattie e sia perché l’animale albino che vive in natura è più vulnerabile ai suoi predatori data la sua poca mimetizzazione nell’ambiente in cui vive.
Ecco perché in natura è estremamente raro incontrare un animale selvatico albino.
Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III
Lente: Teleobiettivo OM SYSTEM M.Zuiko Digital ED 150-600mm F5.0-6.3 IS
Luoghi dello scatto: Sacca degli Scardovari – Porto Tolle (Rovigo)
Un cordiale saluto ai visitatori del blog. Maurizio Romio
Lo scorso fine settimana ho avuto occasione di scattare, in un laghetto situato nel Comune di Costabissara, alcune foto ad una coppia di giovani cigni.
Sono due fratelli, molto uniti fra di loro, introdotti in questo laghetto nel 2019.
Non so il loro nome o se mai ne hanno alcuno, però un nome da dar loro ce l’avrei. Li chiamerei…
Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III
Obiettivo: M.Zuiko 150-600mm F5.00-6.3 IS
Come da tradizione il primo albero di Natale è quello allestito dalla natura.
(Foto scattata con Olympus E-M10 Mark III + M. Zuiko 150-600mm F5.0-6.3 IS)
Di seguito alcuni scatti effettuati utilizzando il medesimo corpo macchina e il teleobiettivo M. Zuiko 150-600mm F5.0-6.3 IS da poco aggiunto al mio corredo fotografico.
In occasione delle vacanze estive di agosto 2024, trascorse nel delta del Po, ho avuto occasione di incontrare e fotografare alcune specie di rapaci notturni, i veri padroni delle notti di questo ambiente naturale, unico ed esclusivo. Uccelli dei quali spesso nel corso delle notti si sente il loro canto ma che raramente si riescono a vedere.
Di seguito alcune mie brevi annotazioni che accompagnano le immagini. Per una migliore visione fare un singolo click sulle foto per ingrandirle
Osservando le immagini possiamo notare che le piume striate color marrone del gufo comune costituiscono un piumaggio mimetico ideale per questo rapace notturno. Il corpo del gufo ripreso in alcune delle seguenti foto lo si può visivamente interpretare come una naturale continuazione del paletto di legno sul quale appoggia.
Altra cosa che possiamo notare è la particolare conformazione del viso di questi rapaci notturni.
Presentano un viso rotondo quasi piatto simile ad una parabola satellitare. Questa particolare conformazione del viso aiuta ad esempio il gufo a far convergere i suoni su di sé ed indirizzarli verso i suoi organi uditivi. Attraverso le orecchie poste sulla sommità della testa il gufo, nel buio della notte, riesce a determinare le coordinate del punto di provenienza della fonte del suono, come può essere quello di una sua ipotetica preda ed indirizzarsi, volando nel buio, verso di essa. Un po’, se vogliamo, è come avere un metal detector in azione, più aumenta il suono più significa che siamo in prossimità e in direzione del nostro obiettivo.
Nella foto di seguito riprodotta si possono notare le grandi orecchie di cui è dotato il gufo.
Nel video seguente si può assistere al momento della preparazione del gufo allo spiccare in volo nel buio in direzione della preda.
Dopo un po’ il gufo ritorna con la sua preda fra gli artigli e può iniziare il suo pasto.
Nell’equilibrio della natura questi rapaci cibandosi molto spesso di ratti e topi svolgono un importante ruolo nel contenimento di questi roditori. Se pensiamo al tema della collaborazione nel mondo animale fra specie diverse spesso in passato, per questo loro importante ruolo, in prossimità delle fattorie venivano riservati ad alcune specie di rapaci dei sicuri rifugi dove poter trascorrere il loro tempo e nidificare. In cambio di questa accoglienza questi uccelli tenevano lontane alcune specie di animali considerate “pericolose” per l’uomo come appunto ratti, topi e serpenti.
La civetta (Athene noctua) ritratta nella foto è accovacciata seminascosta ai bordi della strada lungo la quale può trovare di cui nutrirsi. La civetta ha una dieta che può includere insetti, vermi, piccoli uccelli e mammiferi.
Presenta degli occhi con un giallo brillante.
Il nome scientifico “Athene noctua” si ricollega ad Atena, una delle più importanti divinità dell’antica religione greca. La civetta era uno dei simboli sacri di questa dea.
I caratteristici occhi della civetta, di un color giallo luminoso, attraverso i quali può vedere nell’oscurità, sono indice di saggezza, simbolo del saper vedere le cose nei momenti più bui, del saper vedere quello che normalmente non vediamo e, per rimanere in tempi più attuali, dell’andare oltre al “WYSIATI”, abbreviazione di “What you see is all there is”, al “Quello che si vede è l’unica cosa che c’è”, termine riportato nel libro dal titolo “Pensieri lenti e veloci” dall’autore Daniel Kahneman, psicologo israeliano, vincitore nel 2002 del premio Nobel per l’economia assieme a Vernon Smith.
Il barbagianni, ma quanto bello e dolce è il barbagianni.
Con il suo viso rotondo a forma di cuore e gli occhi neri dall’espressione dolce il termine rapace, così come noi lo interpretiamo, poco gli si addice.
Con sincerità, mentre ero intento a fotografare un gufo appollaiato, devo ammettere che vedermi arrivare verso di me, fino a giungere a pochi metri di distanza, questa “immagine bianca vagante” sbucata dal buio, mi ha fatto prendere una grossa paura.
Questo elegante uccello nel piumaggio si presenta con un dorso dorato e una parte inferiore bianca, particolari che, uniti al viso a forma di cuore, lo rendono ben identificabile.
Anche per lui così, come per molte specie di rapaci, il suo amore per la caccia lungo i fossati posti ai bordi delle strade lo rende vulnerabile agli incidenti stradali.
Un incontro del quale sono rimasto entusiasta.
Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III
Obiettivi: Olympus M.Zuiko 40-150mm F2.8 PRO
Luoghi dello scatto: Sacca degli Scardovari – Porto Tolle (Rovigo)
Un cordiale saluto ai visitatori del blog
Con il termine Albanella si indica una serie di uccelli rapaci del genere Circus che comprende varie specie tra le quali l’albanella mezzana (Circus aeruginosus), detta anche falco di palude, l’albanella reale (Circus cyaneus), la pallida e la minore.
Di seguito alcune immagini del rapace della specie Albanella reale scattate in località Sacca degli Scardovari nel Comune di Porto Tolle in provincia di Rovigo.
Nella foto sopra si vede un esemplare maschio di albanella reale mentre sta perlustrando il suo luogo di caccia. Si possono notare le cinque “dita” nella zona terminale delle ali. Questo particolare differenzia l’albanella reale dall’albanella minore in quanto quest’ultima presenta solamente quattro “dita”. Il maschio di albanella reale lo si riconosce dalle sfumature di grigio nella sua parte superiore, sul petto e dall’addome biancastro mentre la femmina, ripresa in volo nell’immagine sotto riportata, è prevalentemente marrone con striature chiaro scure.
L’albanella predilige le zone aperte, in particolar modo quelle paludose, dove si ciba di insetti e di piccoli mammiferi, rettili e anfibi.
La modalità di nidificare al suolo dell’albanella la rende particolarmente vulnerabile ai cambiamenti antropici o naturali del terreno.
A volte può succedere che il nido possa trovarsi in un campo coltivato, magari a cereali, ed in questo caso, se il periodo della nidificazione coincide con quello della mietitura, si può verificare incidentalmente la perdita dell’intera covata a causa dell’uso dei macchinari utilizzati per la raccolta del cereale. Durante il periodo della cova generalmente è il maschio che si occupa di cercare il cibo anche per la femmina impegnata a covare.
L’apertura alare di un esemplare adulto di albanella reale può raggiungere i 120 cm.
Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III
Obiettivi:
Olympus M.Zuiko 100-400mm F5.0-6.3 + MC-20
Luoghi dello scatto: Sacca degli Scardovari – Porto Tolle (Rovigo)
Il gruccione è un bellissimo uccello insettivoro che ogni anno raggiunge alcune aree della nostra penisola italiana durante i mesi estivi. Si tratta dell’uccello più colorato che si può osservare nel nostro continente europeo.
La specie giunge nel nostro Paese tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, per ripartire ad agosto inoltrato verso l’Africa.
I gruccioni amano i luoghi con spazi naturali aperti nei pressi di cespugli, alberi e tralicci e vicino a corsi d’acqua.
Golosi di api, vespe e calabroni si nutrono di insetti catturati in aria con sortite in volo da punti di partenza costituiti da rami o linee elettriche.
I gruccioni sono monogami per tutta la loro vita e vivono mediamente 6 anni.
Una particolarità del gruccione è il modo con cui realizza i nidi. Difatti questi ultimi vengono realizzati costruendo dei cunicoli, che possono arrivare anche ad una lunghezza di alcuni metri, su pareti o sponde argillose o sabbiose.
La femmina depone dalle 5 alle 8 uova. Entrambi i sessi si occupano della cova, che dura circa 20 giorni. Di solito la specie effettua una covata l’anno.
I pulcini rimangono in fondo al cunicolo del nido per circa un mese e successivamente, alternandosi gli uni con gli altri, si spingono lungo il cunicolo del nido per ricevere il cibo. Nel mese di luglio i giovani escono all’aperto ed iniziano a volare restando però sempre nei pressi del loro nido all’interno del quale trascorrono la notte. I piccoli continuano comunque ad essere nutriti dai genitori fino a quasi il momento della migrazione verso l’Africa subsahariana che avverrà nei mesi di agosto settembre.
Il riconoscimento degli esemplari giovani rispetto ai gruccioni adulti lo si può notare osservando la coda: le penne della coda dei giovani sono di lunghezza simile, mentre negli adulti le penne direzionali centrali sono più lunghe.
Il gruccione ha un volo ondulato con rapide battute d’ala e a volte inframezzato con brevi momenti, di volo, ad ali raccolte che lo portano ad assumere posizioni particolari.
In cielo, nei momenti di caccia, il gruccione lo si può vedere veleggiare elegantemente simile ad un aquilone dai mille colori sgargianti.
The bee-eater is a beautiful insectivorous bird that reaches some areas of our Italian peninsula every year during the summer months. It is the most colorful bird that can be observed on our European continent.
The species arrives in our country between the end of April and the beginning of May, before leaving to Africa in August-September.
Bee-eaters love places with natural open spaces near bushes, trees and trellises and near streams.
Greedy of bees, wasps and hornets feed on insects captured in the air with sorties in flight from starting points made up of branches or power lines.
Bee-eaters are monogamous throughout their lives and live on average 6 years.
A peculiarity of the bee-eater is the way it builds its nests. In fact, the latter are created by building tunnels, which can even reach a length of several metres, on clay or sandy walls or banks.
The female lays 5 to 8 eggs. Both sexes take care of the brooding, which lasts about 20 days. The species usually has one brood per year.
The chicks remain at the bottom of the nest tunnel for about a month and then, alternating with each other, push themselves along the nest tunnel to receive food. In the month of July the young go out into the open air and begin to fly, but always remain near their nest where they spend the night. However, the young continue to be fed by their parents until almost the moment of migration towards sub-Saharan Africa which will take place in the months of August and September.
The recognition of young specimens compared to adult bee-eaters can be seen by observing the tail: the tail feathers of juveniles are of similar length, while in adults the central directional feathers are longer.
The bee-eater has an undulating flight with rapid wing beats and sometimes interspersed with short moments of flight with gathered wings which lead it to assume particular positions; in the sky, during hunting moments, the bee-eater can be seen sailing elegantly similar to a kite with a thousand bright colours.
Photographic equipment used for shooting the images published in this post:
Camera: Olympus E-M10 Mark III
Lens:
Olympus M.Zuiko ED 40-150mm F2.8 PRO
Olympus M.Zuiko 100-400mm F5.0-6.3 + MC-20
Shooting locations: Sacca degli Scardovari – Porto Tolle (Rovigo)
Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III
Obiettivi:
Olympus M.Zuiko ED 40-150mm F2.8 PRO
Olympus M.Zuiko 100-400mm F5.0-6.3 + MC-20
Luoghi dello scatto: Sacca degli Scardovari – Porto Tolle (Rovigo)
Rassegna fotografica a cura di Maurizio Romio
Per il buon pastore nessuna pecora può andare perduta perché ogni pecora è importante
Nessuna distanza tiene lontano il buon pastore dalla pecora smarrita
Altri, magari soffermandosi a guardare l’estensione del gregge, potrebbero pensare diversamente
Non ci sono pecore perdute ma solo pecore che vanno ritrovate
Il buon pastore accompagna al suo gregge la pecora smarrita per riprendere assieme il cammino
(Le foto pubblicate in questo post sono state scattate da Maurizio Romio in località Costabissara in data 04-05/02/2024. Spunti di riflessione tratti dal discorso di Papa Francesco in occasione dell’Udienza Generale in Piazza San Pietro del 4 maggio 2016)
I pastori a Costabissara
Come in primavera c’è chi aspetta l’arrivo delle rondini così io da bambino a Costabissara aspettavo l’arrivo dei… pastori.
Sì, proprio i pastori…
Il proprietario del gregge si chiamava Albino ed era coadiuvato nel lavoro da alcuni suoi famigliari.
Residenti a Gallio, i pastori con il loro gregge giungevano puntualmente ogni inverno a Costabissara provenienti dall’Altopiano di Asiago.
Sostavano qualche giorno nelle nostre campagne bissaresi e riprendevano poi la transumanza verso altre località.
L’arrivo dei pastori era per me motivo di gioia. Durante il giorno li seguivo nei loro spostamenti riuscendo a cogliere vari aspetti della loro attività.
Ho avuto modo di apprendere per esempio l’importante ruolo dei cani da pastore.
Ai cani era affidato il compito di raggruppare il gregge.
Al semplice fischio del pastore i cani si mettevano in azione, il gregge in breve tempo era ricompattato e pronto per trasferirsi al successivo pascolo.
Il contributo dei cani era importante anche per la salvaguardia dei singoli animali.
Ricordo ad esempio quando una pecora, caduta in una roggia, fu salvata grazie al fatto che Mori, uno dei cani che seguiva il gregge, accortosi di quanto accaduto, abbaiando, aveva attirato l’attenzione sul povero animale in procinto di annegare permettendo così il suo salvataggio.
Alla sera i pastori preparavano il loro ricovero per la notte sul campo del nonno. I miei occhi di bambino guardavano con stupore questo strano letto, fatto di un sottofondo di fieno e di paglia. Avranno freddo? Come faranno a dormire all’aperto? Queste le domande che mi ponevo.
La giornata si concludeva con la cena dei pastori a casa dei nonni. Abitualmente portavano con sè tutto il necessario, bastava solamente che mia nonna Cesira scaldasse loro il cibo. Questa era anche l’occasione per fare un po’ di filò.
Il giorno dopo, al rientro a casa terminata la scuola, scrutavo dalla finestra l’orizzonte per vedere se in lontananza riuscivo a scorgere il gregge… inutilmente… Albino e suo fratello con il loro gregge erano partiti.
Provavo tristezza… ma di una cosa ero certo… il prossimo inverno sarebbero tornati.
In queste grigie giornate invernali provate ad affacciarvi alla finestra… non si sa mai… magari si può ancora scorgere a Costabissara qualche pastore di passaggio con il suo gregge…
Anno 1962 – Pastori a Costabissara – Maurizio Romio
Pastori a Costabissara 1962. Io ritratto in foto in groppa all’asino con a fianco mia mamma Oliva (foto di papà Tarcisio)
Pastori a Costabissara 1962. Sempre seguito dall’asinello.
Pastori a Costabissara 1962. In primo piano assieme ad un agnello. In lontananza la fattoria Spiller
Ritornando al presente, proprio in questi primi giorni di febbraio 2024 dal poggiolo della mia camera, guardando lontano, ho scorto un gregge di pecore. Ho comunicato l’evento ai miei famigliari e tutti assieme ci siamo recati nei suoi pressi.
Un gregge di circa 700 pecore proveniente dall’Altopiano di Asiago accudito da tre pastori.
Proprio quasi come 60 anni fa.
Anche adesso (febbraio 2024), come un tempo, i pastori con il loro gregge sono rimasti alcuni giorni nelle campagne bissaresi prima di trasferirsi in altri pascoli.
Di seguito per l’occasione alcuni scatti fotografici negli stessi luoghi di 60 anni fa.
Pastori a Costabissara – febbraio 2024 (foto Maurizio Romio)
Livrea bianca, becco e zampe nere, piedi gialli, una garzetta in attesa di una battuta di pesca lungo le sponde della Sacca degli Scardovari a Porto Tolle (RO). (Cliccare sulle immagini per ingrandirle sullo schermo)
Nome scientifico “Egretta garzetta”
Una garzetta a pesca lungo le sponde della Sacca degli Scardovari.
E’ bello osservare la tecnica di pesca di questi uccelli. Con un movimento vibratorio della gamba smuovono il fondo per localizzare le prede, aiutandosi con le ali aperte per meglio localizzarle visivamente, per poi catturarle con un repentino colpo di becco.
Nelle immagini seguenti si può notare il candido piumaggio della garzetta. (Cliccare sulle immagini per ingrandirle sullo schermo)
Durante il periodo riproduttivo, aprile-maggio, sul capo, sul petto e nella zona scapolare compaiono soffici e candide penne ornamentali.
In passato le piume di questi uccelli erano molto richieste nel mondo della moda come ornamento e le garzette, a causa di una caccia indiscriminata, soprattutto concentrata nel periodo di maggior splendore delle loro piume coincidente con il periodo riproduttivo, hanno rischiato l’estinzione.
Con l’introduzione di leggi per la loro salvaguardia negli anni questa specie ha potuto tornare ad espandersi e oggi la garzetta è considerata come specie a rischio minimo di estinzione.
La garzetta si nutre in particolare di piccoli pesci, rane, vermi, gamberi, molluschi.
Uomo libero, sempre ti sarà caro il mare…
(L’Uomo e il mare. Charles Baudelaire)