Rassegna fotografica a cura di Maurizio Romio
Il buon pastore e la pecora smarrita
Per il buon pastore nessuna pecora può andare perduta perché ogni pecora è importante
Nessuna distanza tiene lontano il buon pastore dalla pecora smarrita
Altri, magari soffermandosi a guardare l’estensione del gregge, potrebbero pensare diversamente
Non ci sono pecore perdute ma solo pecore che vanno ritrovate
Il buon pastore accompagna al suo gregge la pecora smarrita per riprendere assieme il cammino
(Le foto pubblicate in questo post sono state scattate da Maurizio Romio in località Costabissara in data 04-05/02/2024. Spunti di riflessione tratti dal discorso di Papa Francesco in occasione dell’Udienza Generale in Piazza San Pietro del 4 maggio 2016)
In un mio post del 2011 dal titolo “I pastori a Costabissara” così scrivevo
I pastori a Costabissara
Come in primavera c’è chi aspetta l’arrivo delle rondini così io da bambino a Costabissara aspettavo l’arrivo dei… pastori.
Sì, proprio i pastori…
Il proprietario del gregge si chiamava Albino ed era coadiuvato nel lavoro da alcuni suoi famigliari.
Residenti a Gallio, i pastori con il loro gregge giungevano puntualmente ogni inverno a Costabissara provenienti dall’Altopiano di Asiago.
Sostavano qualche giorno nelle nostre campagne bissaresi e riprendevano poi la transumanza verso altre località.
L’arrivo dei pastori era per me motivo di gioia. Durante il giorno li seguivo nei loro spostamenti riuscendo a cogliere vari aspetti della loro attività.
Ho avuto modo di apprendere per esempio l’importante ruolo dei cani da pastore.
Ai cani era affidato il compito di raggruppare il gregge.
Al semplice fischio del pastore i cani si mettevano in azione, il gregge in breve tempo era ricompattato e pronto per trasferirsi al successivo pascolo.
Il contributo dei cani era importante anche per la salvaguardia dei singoli animali.
Ricordo ad esempio quando una pecora, caduta in una roggia, fu salvata grazie al fatto che Mori, uno dei cani che seguiva il gregge, accortosi di quanto accaduto, abbaiando, aveva attirato l’attenzione sul povero animale in procinto di annegare permettendo così il suo salvataggio.
Alla sera i pastori preparavano il loro ricovero per la notte sul campo del nonno. I miei occhi di bambino guardavano con stupore questo strano letto, fatto di un sottofondo di fieno e di paglia. Avranno freddo? Come faranno a dormire all’aperto? Queste le domande che mi ponevo.
La giornata si concludeva con la cena dei pastori a casa dei nonni. Abitualmente portavano con sè tutto il necessario, bastava solamente che mia nonna Cesira scaldasse loro il cibo. Questa era anche l’occasione per fare un po’ di filò.
Il giorno dopo, al rientro a casa terminata la scuola, scrutavo dalla finestra l’orizzonte per vedere se in lontananza riuscivo a scorgere il gregge… inutilmente… Albino e suo fratello con il loro gregge erano partiti.
Provavo tristezza… ma di una cosa ero certo… il prossimo inverno sarebbero tornati.
In queste grigie giornate invernali provate ad affacciarvi alla finestra… non si sa mai… magari si può ancora scorgere a Costabissara qualche pastore di passaggio con il suo gregge…
Anno 1962 – Pastori a Costabissara – Maurizio Romio
Pastori a Costabissara 1962. Io ritratto in foto in groppa all’asino con a fianco mia mamma Oliva (foto di papà Tarcisio)
Pastori a Costabissara 1962. Sempre seguito dall’asinello.
Pastori a Costabissara 1962. In primo piano assieme ad un agnello. In lontananza la fattoria Spiller
Ritornando al presente…
Ritornando al presente, proprio in questi primi giorni di febbraio 2024 dal poggiolo della mia camera, guardando lontano, ho scorto un gregge di pecore. Ho comunicato l’evento ai miei famigliari e tutti assieme ci siamo recati nei suoi pressi.
Un gregge di circa 700 pecore proveniente dall’Altopiano di Asiago accudito da tre pastori.
Proprio quasi come 60 anni fa.
Anche adesso (febbraio 2024), come un tempo, i pastori con il loro gregge sono rimasti alcuni giorni nelle campagne bissaresi prima di trasferirsi in altri pascoli.
Di seguito per l’occasione alcuni scatti fotografici negli stessi luoghi di 60 anni fa.
Pastori a Costabissara – febbraio 2024 (foto Maurizio Romio)
Pastori a Costabissara – febbraio 2024 (foto Maurizio Romio)
La bruciatura delle paglie di riso
La bruciatura delle stoppie e delle paglie per le superfici coltivate a riso, dove consentito dai regolamenti regionali e comunali, è una pratica che ha lo scopo di eliminare le sementi infestanti, i patogeni ed evitare nel corso degli anni la formazione nel terreno di composti dannosi per la coltivazione del riso.
La bruciatura delle stoppie e delle paglie è praticata, anche se in misura minore rispetto al passato, in varie aree della nostra penisola, come ad esempio nell’area del Delta del Po dove viene coltivato il Riso del Delta del Po I.G.P.
(Le foto inserite nel post sono state scattate con una fotocamera Olympus Digital Camera OM-D E-M10 Mark III – lente Olympus M.Zuiko ED 17 mm F 1.2 PRO)
Rice straw burning
The burning of stubble and straw for rice-growing areas, where permitted by regional and municipal regulations, is a practice aimed at eliminating weed seeds, pathogens and avoiding over the years the formation in the soil of compounds harmful to rice cultivation. Stubble and straw burning is practiced, although to a lesser extent than in the past, in various areas of our peninsula, such as in the Po Delta area where Po Delta I.G.P. rice is grown.
(The photos included in the post were taken with an Olympus Digital Camera OM-D E-M10 Mark III – Olympus M.Zuiko ED 17 mm F 1.2 PRO lens)
Il cimitero di Montepulgo
Il mio viaggio nei ricordi legati alla famiglia di origine mi ha portato a parlare della località di Montepulgo che si trova nel Comune di Cornedo Vicentino in provincia di Vicenza.
Nel mio post “Gli Zaupa e la località di Montepulgo” ho citato il cimitero di Montepulgo ed ora riporto una storia legata a questo sacro luogo e ad alcuni miei famigliari, come la bisnonna materna Margherita Zaupa.
Tutto inizia nel lontano 1954 quando gli abitanti di Montepulgo ricevono dal Comune di Cornedo Vicentino l’autorizzazione a costruire il cimitero che avrebbe consentito loro di aver vicino i propri cari defunti. Mancano però le risorse economiche per poter realizzare quest’opera ed ecco allora che inizia quello che nell’opuscolo “I ricordi di don Giovanni Munari nel 50° anniversario della Chiesa parrocchiale di Montepulgo (4 ottobre 1952 – 5 ottobre 2002)”, viene ricordato come “l’Avventura per il Cimitero”, che porterà, nel 1955, una bambina di nome Dorina Zaupa fino agli studi televisivi della RAI, a Roma.
Ecco quanto tratto da “I ricordi di don Giovanni Munari nel 50° anniversario della Chiesa parrocchiale di Montepulgo (4 ottobre 1952 – 5 ottobre 2002)”:
L’ “AVVENTURA” per il CIMITERO
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Il Comune di Cornedo, aveva accolto l’istanza perché a Montepulgo ci fosse, dopo la
Chiesa, anche il Cimitero: Fino allora tre erano i Camposanti dei parrocchiani, secondo
il Comune di residenza. – Castelgomberto per la contrada CARLETTI
Priabona per l’alta Vallugana: PERUZZI-BELLOLI-COSARI-DE FACCI –
Cereda per quelli del Comune di Cornedo……….
L’Ingegner Paolo Zaupa, ne aveva fatto il progetto….Don Pietro Zaupa regalò il
terreno, il Comune mandò a Roma la richiesta di un contributo, al Ministero dei Lavori
Pubblici, tenuto allora dal Ministro Romita.
Un giorno arrivò sul tavolo del Ministro una letterina, diretta alla RAI che pressappoco
diceva così:
CARA RAI
Tu che abiti a Roma, domanda al Governo se può mandare i soldi per fare il Cimitero
del mio paese, Montepulgo….perché ho la nonna molto vecchia, e quando muore la
portano molto lontano ed io alla domenica non posso portare il fiorellino sulla sua
tomba…….. ti ringrazio tanto……..
ZAUPA DORINA
Settembre 1954: arriva in paese una camionetta della RAI da Venezia, due “cineasti”
s’incontrano col parroco e con la DORINA e vengono “girate” delle scene:….
– Tre vecchietti che davanti alla chiesa discutono, parlano, “dice il
commentatore” del Cimitero lontano…
– La Dorina che si mostra servizievole con la nonna, andando alla fontana
della contrada ad attingere acqua…
– Il parroco con i chierichetti tutti sudati, che tornano da un funerale…
Girate le scene la camionetta riparte “con tanti saluti..e..buona fortuna!!”
E la fortuna arriva a fine gennaio 1955 con l’invito da Roma, di trovarsi il
seguente 6 febbraio, alla RAI, in via Teulada con la bambina.
Il Parroco e Dorina sono a Roma il pomeriggio del giorno fissato…
Li accoglie una signora (dicono responsabile del telegiornale) che dà
delle indicazioni per il mattino seguente, per l’incontro con il Ministro dei
Lavori Pubblici….dice: “la bambina me la porterei a casa mia, perché ho
la domestica che è da Valli del Pasubio… e credo sia lieta di parlare “in
dialetto veneto” con lei”….Mentre la Dorina va con la signora, don
Giovanni viene indirizzato all’albergo di Piazzale Clodio per la cena ed il
pernottamento….Lì, trova un cameriere che è da Padova “onorato di
servire un’ottima cenetta ad un prete vicentino…(già paga la RAI!!!)
Il mattino seguente, i due si ritrovano alla RAI; la Dorina si trova vestita
a nuovo, con uno scatolone di cioccolatini da dividere con la nonna e le
amichette del paese: Si parte con una Jeppe attrezzata per il Ministero..
Ministro è l’On. Romita, don Giovanni, (istruito dal “regista”) si ferma alla
porta dello studio….Dorina si avanza mentre il Ministro saluta con un
cenno il prete,…e raccomanda al TRUCCATORE: “mi raccomando, di
riuscire bene, perché a casa mi guarderanno…è la prima volta che mi
vedono in Televisione!!”
Intanto Dorina si avvicina al tavolo e dice: “Scusa, sei tu il Governo??”
-No io non sono il Governo “dice l’Onorevole, “ma ho visto la tua bella
letterina,…tu sei brava e buona, perché ami la nonna….anch’io ho una
nipotina che mi vuol tanto bene…ecco.. porta al tuo Sindaco questa –
carta-, il governo concede 3 milioni per il Cimitero del tuo paese…ciao… e
salutami la nonna”… ancora un – telesaluto al Parroco – ed i due escono
dal Palazzo, mentre la telecamera segue Don Giovanni che si allontana
tenendo per mano Dorina, mentre con l’altra mano regge una – valigetta a
soffietto – caratteristica a quei tempi dei preti in viaggio…
Così termina l’-avventura romana- ed a Montepulgo nel 1956 verrà
inaugurato il Nuovo Cimitero…
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La nonna a cui fa riferimento nella lettera Dorina Zaupa è la mia bisnonna materna, la signora Margherita Zaupa (1874-1961), qui ritratta in una foto d’epoca. La nipote Oliva Zaupa, mia mamma, la ricorda di carnagione e occhi chiari.
Leggendo il racconto mi sembra di rivedere “la vita” di quel tempo a Montepulgo, con le persone dedite alla raccolta della legna, all’allevamento, alla coltivazione del tabacco, alla caccia, bambini che studiano e giocano, qualche persona anziana che lentamente cammina sulla strada.
Un saluto
Maurizio Romio
Arriva la Befana
Il 6 gennaio come da tradizione arriva… la Befana, la Stria.
Ecco una filastrocca, in dialetto veneto, che descrive il suo arrivo: La Befana vien de note con le scarpe tute rote, col vestito da romana, la Befana zé… me mama.
(La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte, con il vestito da romana, la Befana è… mia mamma).
Racconta mia madre che ai suoi tempi pochi erano i bambini che credevano che la Befana potesse essere la loro mamma.
La tradizione vuole che la Befana lasci appesa, accanto al camino, una calza con dentro dolci o carbone rispettivamente per i bambini che si sono comportati bene oppure male.
Un tempo dentro la calza si trovavano mele, noci, nocciole, “caròbole” (carrube) e stracaganasse (castagne secche). I nostri nonni e bisnonni chiamavano questo “preparato” di frutta “il burièlo”.
Babbo Natale, con la slitta carica di doni, ha iniziato a fermarsi nelle nostre famiglie, in maniera capillare, circa trent’anni fa.
Prima della sua venuta c’era solamente la Befana che portava i doni ai bambini, doni limitati spesso al solo contenuto della calza appesa sul camino il giorno dell’ Epifania.
…quanta gioia recava un tempo il passaggio della Befana!
Riguardo alle tradizioni popolari vicentine del Natale e dell’Epifania segnalo il seguente link della Biblioteca Bertoliana: www.bibliotecabertoliana.it/biblionauta/2007/06_01_2007.pdf
(n.d.a.) Complimenti a Silvia per la bella Befana realizzata che appare nella foto.
Gli Zaupa e la località di Montepulgo
Siete mai andati a fare un giro a Montepulgo nel Comune di Cornedo Vicentino?
E’ una passeggiata che consiglio… magari partendo dalla località Torreselle di Isola Vicentina.
Lasciata l’auto presso il parcheggio adiacente la Chiesa parrocchiale di Torreselle si segue la strada che conduce a Castelgomberto.
Si scende per circa 700 metri fino al primo incrocio. Superato lo stop si prosegue dritto e subito si gira a sinistra per via Crocetta fino a giungere, dopo due chilometri, a Montepulgo, trovandoci di fronte al vecchio edificio delle scuole di un tempo, non prima di aver lasciato sulla sinistra il piccolo cimitero del paese.
Per il ritorno si può proseguire mantenendo la sinistra, seguendo le indicazioni per il monumento ai Caduti e lasciando il tratto di strada in asfalto per lo sterrato, nei pressi della contrada Carletti.
La carreggiata sterrata, chiusa al traffico e indicata come mulattiera, ci conduce, dopo un tratto in discesa di due chilometri, nuovamente sulla strada asfaltata che porta, a destra, a Castelgomberto mentre a sinistra ci riporta, con un tratto in salita di due chilometri, alla nostra località di partenza, Torreselle di Isola Vicentina. Lunghezza totale del percorso circa sette chilometri.
In passato andavo spesso a fare lunghe camminate in questi posti… forse attratto dai luoghi che hanno visto nascere e crescere il mio nonno materno, Costante Zaupa.
La località di Montepulgo è costituita dalle estreme propaggini di tre Comuni della provincia di Vicenza: Castelgomberto, Monte di Malo e Cornedo Vicentino.
Un tempo si distinguevano le contrade Carletti, Cosari, De Facci, Valentini, Belloni, Peruzzo, Zaupa di sotto e Zaupa di sopra. Oggigiorno a Montepulgo risiedono circa 90 persone mentre negli anni cinquanta si contavano 350 abitanti.
Faccio ora una breve genealogia famigliare del mio ramo materno:
Nel Comune di Cornedo Vicentino nel 1863 nasce Guerrino Zaupa il quale si sposa con Margherita Zaupa, nata nel 1874.
Dal loro matrimonio nascono i figli:
Costante Zaupa (n.1897) che diventerà il mio nonno materno, Maria-Marianna Zaupa (n. 1899), Pierina Zaupa (n. 1901), Fedele Zaupa (n.1904), Guido Zaupa (n.1909), Domenico Zaupa (n.1914), Margherita Zaupa (n.1917).
A quindici anni, nel 1912, Costante Zaupa parte per l’America, Stati Uniti.
Provo ad immaginare…
i momenti vissuti nella sua famiglia quando un ragazzo di quindici anni dice ai suoi genitori: “Papà, Mamma… ho deciso di andare in America”.
Pensate… oggigiorno siamo preoccupati, io per primo, se nostro figlio va a fare un giro con i suoi amici… “mi raccomando, non dimenticarti il cellulare… telefona quando arrivi, telefona quando ti sposti, telefona quando parti per ritornare a casa… telefona quando… sei arrivato a casa… mi raccomando… non fare tardi e comportati bene”.
Chissà quali parole a quel tempo si saranno scambiati mio nonno e i suoi genitori… forse la mamma gli avrà detto… “non fare tardi alla sera e comportati bene” mentre suo padre gli avrà detto “ricordati che chi non fa niente (di male) e non dice niente (di male) non va all’inferno e neanche in prigione” come lui stesso a volte ripeteva.
In precedenza anche suo padre, Guerrino Zaupa, era immigrato, per alcuni anni, negli Stati Uniti.
Il servizio militare mio nonno Costante Zaupa lo fa in America, dove risiederà, nello Stato dell’Illinois, per diciotto anni.
Negli Stati Uniti trova occupazione in vari settori tra i quali in quello della lavorazione del legno e dell’edilizia.
In particolare nel settore del legno è occupato nella prima fase della lavorazione che consiste nel taglio degli alberi e il trasporto dei tronchi ai successivi centri di lavorazione.
A questo proposito mio nonno raccontava in famiglia di come il trasporto dei tronchi avvenisse utilizzando le vie d’acqua.
- Riguardo al trasporto fluviale del legno, indico il link di accesso ad una foto, scattata nel 1902, che ritrae una chiatta di tronchi d’albero; la foto si trova presso l’archivio della Library of Congress, Prints and Photographs Division Washington, D.C. 20540 USA. Accesso alla fonte: “Library of Congress archives” at: http://www.loc.gov/pictures/resource/cph.3b03607/
Nel 1929 negli Stati Uniti inizia il periodo della grande crisi economica…. e il nonno rientra in Italia, a Montepulgo.
Acquista, nel 1930, un appezzamento di terreno agricolo a Costabissara, dal signor Giuseppe Tomasi, un amico, immigrato come lui negli Stati Uniti e da alcuni anni rientrato in Italia; sul fondo acquistato costruisce la propria casa.
Nel 1931 si sposa con la signora Cesira Savegnago.
Dal matrimonio tra Costante e Cesira nascono i figli Margherita, Costantina, mia madre Oliva e Albino.
La famiglia di origine di mia nonna Cesira Savegnago, nata nel 1908, è costituita dai genitori Bortolo Savegnago e Oliva Tomasi (sorella del signor Giuseppe Tomasi dal quale mio nonno ha acquistato il terreno agricolo) dai fratelli e sorelle Santo (n.1904), Augusto (n.1906), Romilda (n.1910), Emilio (n.1912), Giovanna (n.1918) e Pietro (n.1927).
Il fratello Santo si stabilirà negli Stati Uniti, dov’ era giunto nel 1920. Il papà Bortolo fu soldato nella guerra del ’15-’18.
Di mio nonno Costante Zaupa ho molti ricordi…. ma in questo caso voglio citarne uno in particolare, riportato da mia madre e alla fine del post vedremo anche il perché.
“il nonno si recava, a volte, in bicicletta a …Mantova” evidenzia mia mamma.
“A Mantova? in bicicletta da Vicenza?” gli rispondo incredulo, “e magari con una bicicletta senza cambio” aggiungo a mo’ di battuta.
“Certo, una bicicletta che aveva anche un robusto porta oggetti in metallo davanti al manubrio… quindi una bici tutt’altro che leggera” sottolinea mia mamma.
Cosa andava a fare a Mantova il nonno?
Andava a trovare la famiglia… dei Zanotto, residenti a Redondesco, in provincia di Mantova.
“Una bella impresa” penso dentro di me.
Mia mamma evidenzia che il nonno andava a volte, sempre in bicicletta, anche ad Asiago a trovare alcuni amici conosciuti negli Stati Uniti.
In tema di bicicletta ricordo quando, in estate, all’età di 7-8 anni, di buon mattino, accompagnavo il nonno al mercato ortofrutticolo di Vicenza a vendere, ai fruttivendoli, la verdura di stagione. Io con la mia bicicletta e lui con la sua…con al traino il carrettino pieno di pomodori, radicchi e melanzane.
Ma veniamo al perché ho voluto scrivere questo ricordo legato ai viaggi in bicicletta di mio nonno Costante.
Succede che una sera…mentre “navigo” in Internet alla ricerca di qualche informazione sul cognome Zaupa, noto fra le immagini, riportate da Google, una vecchia foto … clicco sopra….e meraviglia delle meraviglie… vedo che si tratta della famiglia degli Zanotto, la stessa famiglia che mio nonno andava a trovare in bicicletta a Redondesco in provincia di Mantova, così come aveva ricordato mia madre solo alcune sere prima.
Al centro della foto appare la signora Maria Maddalena Zaupa (nata nel 1864 a Castelgomberto) sposata con Luigi Zanotto.
(link al sito web Magnati/zanotto >foto “Discendenti Luigi Zanotto”
http://xoomer.virgilio.it/qmfmag/zanotto/page5.html)
Un esempio delle potenzialità della Rete, mi viene da pensare.
Di seguito indico il link di accesso al sito web Magnani “La famiglia Zanotto a Montepulgo e Castelgomberto”: http://xoomer.virgilio.it/qmfmag/zanotto/index.html e ai siti web Magnani-Sudiro
http://digilander.libero.it/magnanialdo/foto08/ dai quali si possono ricavare ulteriori informazioni così come poter vedere alcune foto del Comune di Redondesco della provincia di Mantova in Lombardia, citato in questo mio post.
Buon proseguimento di lettura
La boschetta di zona Fornaci a Costabissara
La boschetta di zona Fornaci a Costabissara.
Quand’ero ragazzino, negli anni sessanta, andavo spesso a pescare in una zona che presentava alcune risorgive in località Fornaci a Costabissara denominata La Boschetta e situata ai confini del borgo di Maddalene vecchie in provincia di Vicenza.
Recentemente in occasione di una passeggiata lungo via Fornace ho desiderato rivedere a distanza di anni quest’area acquitrinosa. Lasciata la strada principale in prossimità del piccolo ponte che passa sopra roggia Contarina, percorse poche decine di metri lungo la “caresà delle Sette Canne” così denominata per la presenza lungo il suo percorso di sette canne d’acqua, mi addentro in questa “boschetta”.
Dei piccoli laghetti di un tempo, ce n’erano tre, ne è rimasto ora solamente uno, ridotto di dimensioni e profondità.
Un tempo in questo specchio d’acqua si pescava.
Ricordo quella volta che mi è scappata una tinca. Posizionato con la mia canna da pesca sulla riva dello stagno intento a prendere qualche “scardola”, all’improvviso vedo il galleggiante scomparire sott’acqua. Tiro… sento che il pesce oppone resistenza. Sono sorpreso… questa volta, penso, ha abboccato qualcosa di grosso. Vedo che si tratta di una tinca di grosse dimensioni. Riuscire a prenderla sarebbe stata una grande soddisfazione. Cerco di issarla a riva ma essendo l’amo sottodimensionato rispetto alla preda ecco che al momento di tirarla fuori dall’acqua… la tinca si svincola dalla presa… e ritorna libera nel suo ambiente. Meglio così.
L’ area palustre della Boschetta è oggi più limitata rispetto ad un tempo mentre si è conservata parte della vegetazione tipica delle zone umide e costituita da canne palustri e alberi a crescita spontanea.
In passato i “carègheta” scendevano dalle località di Torreselle e Ignago del Comune di Isola Vicentina fino alla “boschetta di Costabissara” per raccogliere la “caressa” (carice – carex pendula), un’erba dalle foglie particolarmente taglienti ma anche molto resistenti, da utilizzare nel loro lavoro di impagliatori di sedie.
Intorno agli anni 1940 1945 nell’area della Boschetta veniva effettuata l’estrazione della torba.
Nel concludere questa breve storia aggiungo che nel periodo di chiusura per manutenzione straordinaria della Chiesa Parrocchiale di Costabissara avvenuta nel 1935, molti residenti di via Fornace usufruirono della “caresà delle sette canne” per raggiungere in alternativa la piccola Chiesa di Maddalene vecchie.
Ai miei figli, impegnati in questo momento nell’apprendimento della lingua Inglese, ricordo che i termini dialettali veneti “caresà”, “caredà” o “cavedagna” indicano una carreggiata di campagna adibita al passaggio di attrezzature agricole, animali o persone avente spesso l’ulteriore funzione di delimitare i confini delle proprietà agricole.
Un ringraziamento particolare va a mia mamma Oliva per il contributo reso nella ricostruzione dei ricordi legati a questa zona umida localizzata nei pressi di Costabissara.
Pastori a Costabissara
I pastori a Costabissara
Come in primavera c’è chi aspetta l’arrivo delle rondini così io da bambino a Costabissara aspettavo l’arrivo dei… pastori.
Si, proprio i pastori…
Il proprietario del gregge si chiamava Albino ed era coadiuvato nel lavoro da alcuni suoi famigliari.
Residenti a Gallio, i pastori con il loro gregge giungevano puntualmente ogni inverno a Costabissara provenienti dall’ Altopiano di Asiago.
Sostavano qualche giorno nelle nostre campagne bissaresi e riprendevano poi la transumanza verso altre località.
L’ arrivo dei pastori era per me motivo di gioia. Durante il giorno li seguivo nei loro spostamenti riuscendo a cogliere vari aspetti della loro attività.
Ho avuto modo di apprendere per esempio l’importante ruolo dei cani da pastore.
Ai cani era affidato il compito di raggruppare il gregge.
Al semplice fischio del pastore i cani si mettevano in azione, il gregge in breve tempo era ricompattato e pronto per trasferirsi al successivo pascolo.
Il contributo dei cani era importante anche per la salvaguardia dei singoli animali.
Ricordo ad esempio quando una pecora, caduta in una roggia, fu salvata grazie al fatto che Mori, uno dei cani che seguiva il gregge, accortosi di quanto accaduto, abbaiando, aveva attirato l’attenzione sul povero animale in procinto di annegare permettendo così il suo salvataggio.
Alla sera i pastori preparavano il loro ricovero per la notte sul campo del nonno. I miei occhi di bambino guardavano con stupore questo strano letto, fatto di un sottofondo di fieno e di paglia. Avranno freddo? Come faranno a dormire all’aperto? Queste le domande che mi ponevo.
La giornata si concludeva con la cena dei pastori a casa dei nonni. Abitualmente portavano con sè tutto il necessario, bastava solamente che mia nonna Cesira scaldasse loro il cibo. Questa era anche l’occasione per fare un po’ di filò.
Il giorno dopo, al rientro a casa terminata la scuola, scrutavo dalla finestra l’orizzonte per vedere se in lontananza riuscivo a scorgere il gregge… inutilmente… Albino e suo fratello con il loro gregge erano partiti.
Provavo tristezza… ma di una cosa ero certo… il prossimo inverno sarebbero tornati.
In queste grigie giornate invernali provate ad affacciarvi alla finestra… non si sa mai… magari si può ancora scorgere a Costabissara qualche pastore di passaggio con il suo gregge…
(Post scritto da Romio Maurizio per il blog Romio at Costabissara)
Quando a Costabissara si usava la monega e la fogàra
Le tradizioni di una volta.
Quando a Costabissara si usava la “monega” e la “fogàra”.
In un passato non molto lontano a Costabissara c’era chi durante l’inverno per scaldare le lenzuola del letto usava due oggetti: la “fogàra” e la “monega”.
I più giovani potranno chiedersi che cosa sono questi strumenti.
Vediamoli allora assieme.
La fogara è un contenitore in terracotta o in metallo per le braci ardenti.
In cucina una volta era di uso comune la stufa a legna. Come prodotto della combustione della legna si ottenevano le braci. Le braci, distese sul piano del camino, potevano essere usate per cucinare qualche salsiccia o fetta di salame ai ferri oppure potevano essere utilizzate per riempire appunto la “fogara”.
Sul fondo della “fogara” si metteva un po’ di cenere, poi le braci ardenti che a loro volta venivano coperte da altra cenere.
(nella foto la fogara con le braci)
Cosa serviva la fogara?
La fogara abbinata alla monega serviva per riscaldare le coperte del letto.
La monega era una struttura in legno, dotata di due ampi archi e con una base di metallo.
(Foto della monega)
Gli archi della “monega” servivano per mantenere le coperte del letto leggermente rialzate mentre sulla base di metallo della “monega” si appoggiava la fogara.
La monega e la fogara venivano così poste sotto le coperte.
Durante le fredde notti invernali nelle camere da letto di un tempo, dotate allora di serramenti tutt’altro che ermetici, si riusciva in questo modo ad ottenere un calore particolare ed inimitabile.
Quando a Costabissara si andava a spinaroli
Ho chiesto a mio figlio se sa cosa sono i “spinaroli”.
Mi ha risposto di no.
Probabilmente a Costabissara sono pochi i ragazzi che lo sanno.
I “spinaroi” o “spinaroli” sono i rovi, arbusti tutti pieni di spine, come il rovo di macchia, con fiori color bianco-rosa e frutti neri chiamati more, che crescono nel sottobosco e che a volte formano delle vere e proprie siepi.
Durante l’inverno non più di 80 anni fa per molti ragazzi e ragazze di Costabissara i spinaroli costituivano una fonte di guadagno, misera ma pur sempre meglio di quel niente con il quale molti dovevano convivere. Con il permesso del proprietario si andava a tagliarli nel sottobosco. Gli spinaroli, raccolti in fascine, venivano poi venduti al fornaio che li usava come combustibile per il forno.
Bisognava fare attenzione che in queste fascine di spinaroli non finisse qualche, seppur piccolo, ramo d’albero… se il proprietario del bosco se ne accorgeva… potevano essere guai.
Su quest’epoca tra la fine del 1800 e i primi del 1900 il regista Ermanno Olmi nel suo film “L’Albero degli zoccoli”, ambientato nella campagna bergamasca del 1898 , quando per esempio a questa data mio nonno Costante Zaupa aveva 1 anno e mio nonno Ermenegildo Romio ne aveva 10, ha ben sottolineato quali erano le condizioni di vita di una famiglia contadina.
Dedicato ad Ermanno Olmi e al suo film c’è anche un sito web amatoriale (www).alberodeglizoccoli.net al quale rinvio per quanti volessero cogliere qualche ulteriore spunto storico e umano di quest’epoca vissuta in prima persona da molti nostri famigliari, nonni o bisnonni.
Maurizio Romio