Gli Zaupa e la località di Montepulgo

Siete mai andati a fare un giro a Montepulgo nel Comune di Cornedo Vicentino?

E’ una passeggiata che consiglio… magari partendo dalla località Torreselle di Isola Vicentina.

Veduta dalla località di Montepulgo del Comune di Cornedo Vicentino

Lasciata l’auto presso il parcheggio adiacente la Chiesa parrocchiale di Torreselle si segue la strada che conduce a Castelgomberto.

Si scende per circa 700 metri fino al primo incrocio. Superato lo stop si prosegue dritto e subito si gira a sinistra per via Crocetta fino a giungere, dopo due chilometri,  a Montepulgo, trovandoci di fronte al vecchio edificio delle scuole di un tempo, non prima di aver lasciato sulla sinistra il piccolo cimitero del paese.

Via Crocetta in località Torreselle di Isola Vicentina

Per il ritorno si può proseguire mantenendo la sinistra, seguendo le indicazioni per il monumento ai Caduti e lasciando il tratto di strada in asfalto per lo sterrato, nei pressi della contrada Carletti.

La carreggiata sterrata, chiusa al traffico e indicata come mulattiera, ci conduce, dopo un tratto in discesa di due chilometri, nuovamente sulla strada asfaltata che porta, a destra, a Castelgomberto mentre a sinistra ci riporta, con un tratto  in salita di due chilometri, alla nostra località di partenza, Torreselle di Isola Vicentina. Lunghezza totale del percorso  circa sette chilometri.

La mulattiera nei pressi di Contrada Carletti a Montepulgo

In passato andavo spesso a fare lunghe camminate in questi posti… forse attratto dai luoghi che hanno visto nascere e crescere il mio nonno materno, Costante Zaupa.

La località di Montepulgo è costituita dalle estreme propaggini di tre Comuni della provincia di Vicenza:  Castelgomberto,  Monte di Malo e Cornedo Vicentino.

Un tempo si distinguevano le contrade Carletti, Cosari, De Facci, Valentini, Belloni, Peruzzo, Zaupa di sotto e Zaupa di sopra. Oggigiorno a Montepulgo risiedono circa 90 persone mentre negli anni cinquanta si contavano 350 abitanti.

Faccio ora una breve genealogia famigliare del mio ramo materno:

Nel Comune di Cornedo Vicentino nel 1863 nasce Guerrino Zaupa il quale si sposa con Margherita Zaupa, nata nel 1874.

Dal loro matrimonio nascono i figli:

Costante Zaupa (n.1897) che diventerà il mio nonno materno, Maria-Marianna Zaupa (n. 1899), Pierina Zaupa (n. 1901), Fedele Zaupa (n.1904), Guido Zaupa (n.1909), Domenico Zaupa (n.1914), Margherita Zaupa (n.1917).

A quindici anni, nel 1912, Costante Zaupa parte per l’America, Stati Uniti.

Costante Zaupa negli USA anno 1915

Provo ad immaginare…

i momenti vissuti nella sua famiglia quando un ragazzo di quindici anni  dice ai suoi genitori: “Papà, Mamma… ho deciso di andare in America”.

Pensate… oggigiorno siamo preoccupati, io per primo,  se nostro figlio va a fare un giro con i suoi amici… “mi raccomando, non dimenticarti il cellulare… telefona quando arrivi, telefona quando ti sposti, telefona quando  parti per ritornare a casa… telefona quando… sei arrivato a casa… mi raccomando… non fare tardi e comportati bene”.

Chissà quali parole a quel tempo si saranno scambiati mio nonno e i suoi genitori… forse la mamma gli avrà detto… “non fare tardi alla sera e comportati bene”  mentre suo padre gli avrà detto “ricordati che chi non fa niente (di male) e non dice niente (di male) non va all’inferno e neanche in prigione” come lui stesso a volte ripeteva.

In precedenza anche  suo padre, Guerrino Zaupa,  era immigrato, per alcuni anni, negli Stati Uniti.

Il servizio militare mio nonno Costante Zaupa lo fa in America, dove risiederà, nello Stato   dell’Illinois, per diciotto anni.

Negli Stati Uniti trova occupazione in vari settori tra i quali in quello della lavorazione del legno e dell’edilizia.

In particolare nel settore del legno è occupato nella prima fase della lavorazione che consiste nel taglio degli alberi e il trasporto dei tronchi ai successivi centri di lavorazione.

A questo proposito mio nonno raccontava in famiglia di come il trasporto dei tronchi avvenisse  utilizzando le vie d’acqua.

  • Riguardo al trasporto fluviale del legno,  indico il link di accesso ad una foto, scattata nel 1902,  che ritrae una chiatta di tronchi d’albero; la foto si trova presso l’archivio della Library of Congress, Prints and Photographs Division Washington, D.C. 20540 USA.   Accesso alla fonte: “Library of Congress archives” at: http://www.loc.gov/pictures/resource/cph.3b03607/

Nel 1929 negli Stati Uniti inizia il periodo della grande crisi economica…. e il nonno  rientra in Italia,  a Montepulgo.

Acquista, nel 1930, un  appezzamento di terreno agricolo  a Costabissara, dal signor  Giuseppe Tomasi, un amico, immigrato come lui negli Stati Uniti e da alcuni anni rientrato in Italia; sul fondo acquistato costruisce la propria casa.

Nel 1931 si sposa con la signora Cesira Savegnago.

Cesira Savegnago (anno 1930)

Dal matrimonio tra Costante e Cesira nascono i figli Margherita, Costantina,  mia madre Oliva e Albino.

La famiglia di origine di mia nonna Cesira Savegnago, nata nel 1908,  è costituita dai  genitori Bortolo Savegnago e Oliva Tomasi (sorella del signor Giuseppe Tomasi dal quale mio nonno ha  acquistato il terreno agricolo)  dai fratelli e sorelle Santo (n.1904), Augusto (n.1906),  Romilda (n.1910), Emilio (n.1912), Giovanna (n.1918) e Pietro (n.1927).

Il fratello Santo si stabilirà negli Stati Uniti, dov’ era giunto nel 1920. Il papà Bortolo fu soldato nella guerra del ’15-’18.

Costante Zaupa e Savegnago Cesira sposi (anno 1931)

Di mio nonno Costante Zaupa ho molti ricordi…. ma in questo caso voglio citarne uno in particolare, riportato da mia madre e alla fine del post vedremo anche il perché.

il nonno si recava, a volte, in bicicletta a …Mantova” evidenzia mia mamma.

A Mantova? in bicicletta da Vicenza?” gli rispondo incredulo, “e magari con una bicicletta senza cambio” aggiungo a mo’ di battuta.

Certo, una bicicletta che aveva anche un robusto porta oggetti in metallo davanti al manubrio… quindi una bici tutt’altro che leggera” sottolinea mia mamma.

Cosa andava a fare a Mantova il nonno?

Andava a trovare la famiglia… dei Zanotto, residenti a Redondesco, in provincia di Mantova.

“Una bella impresa” penso dentro di me.

Mia mamma evidenzia che il nonno andava a volte, sempre  in bicicletta, anche ad Asiago a trovare alcuni amici conosciuti negli Stati Uniti.

In tema di bicicletta ricordo quando, in estate, all’età di 7-8 anni, di buon mattino, accompagnavo il nonno al mercato ortofrutticolo di Vicenza a vendere, ai fruttivendoli, la verdura di stagione.  Io con la mia bicicletta e lui con la sua…con al traino il carrettino pieno di pomodori, radicchi e melanzane.

Ma veniamo al perché ho voluto scrivere questo ricordo legato ai viaggi in bicicletta di mio nonno Costante.

Succede che una sera…mentre “navigo” in Internet alla ricerca di  qualche informazione sul cognome Zaupa,  noto fra le immagini, riportate da Google, una vecchia foto … clicco sopra….e meraviglia delle meraviglie… vedo che si tratta della famiglia degli Zanotto, la stessa famiglia che  mio nonno andava a trovare in bicicletta a Redondesco in provincia di Mantova, così come aveva ricordato mia madre solo alcune sere prima.

Al  centro della foto appare la signora Maria Maddalena Zaupa (nata nel 1864 a Castelgomberto) sposata con Luigi Zanotto.

(link al sito web Magnati/zanotto >foto “Discendenti Luigi Zanotto”

http://xoomer.virgilio.it/qmfmag/zanotto/page5.html)

Un esempio delle potenzialità della Rete, mi viene da pensare.

Di seguito indico il link di accesso al sito web Magnani “La famiglia Zanotto a Montepulgo e Castelgomberto”: http://xoomer.virgilio.it/qmfmag/zanotto/index.html e ai siti web Magnani-Sudiro 

http://digilander.libero.it/magnanialdo/foto08/ dai quali si possono ricavare ulteriori informazioni così come poter vedere alcune foto del Comune di  Redondesco della provincia di Mantova in Lombardia, citato in questo mio post.

Buon proseguimento di lettura

La boschetta di zona Fornaci a Costabissara

La boschetta di zona Fornaci a Costabissara.

Quand’ero ragazzino, negli anni sessanta,  andavo spesso a pescare in una zona che presentava alcune risorgive in località Fornaci a Costabissara denominata La Boschetta e situata ai confini del borgo di Maddalene vecchie  in provincia di Vicenza.

Recentemente in occasione di una passeggiata lungo via Fornace ho desiderato rivedere a distanza di anni quest’area acquitrinosa. Lasciata la strada principale in prossimità del piccolo ponte che passa sopra roggia Contarina, percorse poche decine di metri lungo la “caresà delle Sette Canne” così denominata per la presenza lungo il suo percorso di sette canne d’acqua,  mi addentro in questa  “boschetta”.

Dei piccoli laghetti di un tempo, ce n’erano tre, ne è rimasto ora solamente uno, ridotto di  dimensioni  e profondità.

Un tempo in questo specchio d’acqua si pescava.

Ricordo quella volta che mi è scappata una tinca. Posizionato con la mia canna da pesca sulla riva dello stagno intento a  prendere qualche “scardola”,  all’improvviso vedo il galleggiante scomparire sott’acqua. Tiro… sento che il pesce oppone resistenza. Sono sorpreso… questa volta, penso,  ha abboccato qualcosa di grosso. Vedo che si tratta di una tinca di grosse dimensioni. Riuscire a prenderla sarebbe stata una grande soddisfazione. Cerco di issarla a riva ma essendo l’amo sottodimensionato rispetto alla preda ecco che al momento di tirarla fuori dall’acqua… la tinca si svincola dalla presa… e ritorna libera nel suo ambiente. Meglio così.

L’ area palustre della Boschetta è oggi più limitata rispetto ad un tempo mentre si è conservata  parte della vegetazione  tipica delle zone umide e costituita da canne palustri e alberi a crescita spontanea.

In passato i “carègheta”  scendevano dalle località di  Torreselle e Ignago del Comune di Isola Vicentina  fino alla “boschetta di Costabissara” per raccogliere la  “caressa” (carice  – carex pendula), un’erba dalle foglie particolarmente taglienti ma anche molto resistenti, da utilizzare nel  loro lavoro di  impagliatori di sedie.

Intorno agli anni 1940 1945 nell’area della Boschetta veniva effettuata l’estrazione della torba.   

Nel concludere questa breve storia aggiungo che nel periodo di chiusura per manutenzione straordinaria della Chiesa Parrocchiale di Costabissara avvenuta nel 1935,   molti residenti di via Fornace usufruirono della “caresà delle sette canne” per raggiungere in alternativa la piccola Chiesa di Maddalene vecchie.

Ai  miei figli,  impegnati in questo momento nell’apprendimento della lingua Inglese,   ricordo che i termini  dialettali veneti  “caresà”, “caredà” o “cavedagna”  indicano  una carreggiata di campagna adibita al passaggio di attrezzature agricole, animali o persone avente spesso l’ulteriore funzione di delimitare i confini delle  proprietà agricole.  

Un ringraziamento particolare va a mia mamma Oliva per il contributo reso nella ricostruzione dei ricordi  legati a questa zona umida localizzata nei pressi di Costabissara.

Pastori a Costabissara

I pastori a Costabissara

Come in primavera c’è chi aspetta l’arrivo delle rondini così io da bambino a Costabissara aspettavo l’arrivo dei… pastori.

Si,  proprio i pastori…

Pastori a Costabissara di Maurizio Romio

Il proprietario del gregge si chiamava Albino ed era coadiuvato nel lavoro da alcuni suoi famigliari.

Residenti a Gallio,  i pastori con il loro gregge giungevano puntualmente ogni inverno a Costabissara provenienti dall’ Altopiano di Asiago.

Sostavano qualche giorno nelle nostre campagne bissaresi e riprendevano poi la transumanza verso altre località.

L’ arrivo dei pastori era per me motivo di gioia. Durante il giorno li seguivo nei loro spostamenti riuscendo a cogliere vari aspetti della loro attività.

Ho avuto modo di apprendere per esempio l’importante ruolo dei cani da pastore.

Ai cani era affidato il compito di raggruppare il gregge.

Al semplice fischio del pastore i cani si mettevano in azione, il gregge in breve tempo era ricompattato e pronto per trasferirsi al successivo pascolo.

Il contributo dei cani era importante anche per la salvaguardia dei singoli animali.

Ricordo ad esempio quando una pecora, caduta in una roggia, fu salvata grazie al fatto che Mori,  uno dei cani che seguiva il gregge,  accortosi di quanto accaduto, abbaiando,  aveva attirato l’attenzione sul povero animale in procinto di annegare permettendo così il suo salvataggio.

Alla sera i pastori preparavano il loro ricovero per la notte sul campo del nonno. I miei occhi di bambino guardavano con stupore questo strano letto, fatto di un sottofondo di fieno e di paglia.  Avranno freddo?   Come faranno a dormire all’aperto?  Queste le domande che mi ponevo.

La giornata si concludeva con la cena dei pastori a casa dei nonni.  Abitualmente portavano con sè tutto il necessario, bastava solamente che mia nonna Cesira scaldasse loro il cibo.  Questa era anche l’occasione per fare un po’ di filò.

Il giorno dopo, al rientro a casa terminata la scuola, scrutavo dalla finestra l’orizzonte per vedere se in lontananza riuscivo a scorgere il gregge… inutilmente… Albino e suo fratello con il loro gregge erano partiti.

Provavo tristezza…  ma di una cosa ero certo… il prossimo inverno sarebbero tornati.

In queste grigie giornate invernali provate ad affacciarvi alla finestra… non si sa mai… magari si può ancora scorgere a Costabissara qualche pastore di passaggio con il suo gregge…

(Post scritto da Romio Maurizio per il blog Romio at Costabissara)

Quando a Costabissara si usava la monega e la fogàra

Le tradizioni di una volta.

Quando a Costabissara si usava la “monega” e la “fogàra”.

In un passato non molto lontano a Costabissara c’era chi durante l’inverno per scaldare le lenzuola del letto usava due oggetti: la “fogàra” e la “monega”.

I più giovani potranno chiedersi che cosa sono questi strumenti.

Vediamoli allora assieme.

La fogara è un contenitore in terracotta o in metallo per le braci ardenti.

In cucina una volta era di uso comune la stufa a legna. Come prodotto della combustione della legna si ottenevano le braci. Le braci, distese sul piano del camino,  potevano essere usate per cucinare qualche salsiccia o fetta di  salame ai ferri oppure potevano essere utilizzate per riempire appunto la “fogara”.

Sul fondo della “fogara” si metteva un po’ di cenere, poi le braci ardenti che a loro volta venivano coperte da altra cenere.

 

(nella foto la fogara con le braci)

Cosa serviva la fogara?

La fogara abbinata alla monega serviva per riscaldare le coperte del letto.

La monega era una struttura in legno, dotata di due ampi archi e con una base di metallo.

(Foto della monega)

 

Gli archi della “monega” servivano per mantenere le coperte del letto leggermente rialzate mentre sulla base di metallo della “monega” si appoggiava la fogara.

La monega e la fogara venivano così poste sotto le coperte.

 

Durante le fredde notti invernali nelle camere da letto di un tempo, dotate allora di serramenti tutt’altro che ermetici, si riusciva in questo modo ad ottenere un calore particolare ed inimitabile.

Quando a Costabissara si andava a spinaroli

Ho chiesto a mio figlio  se sa cosa sono i “spinaroli”. 

Mi ha risposto di no.

Probabilmente a Costabissara sono pochi i ragazzi che lo sanno.

I “spinaroi” o “spinaroli” sono i rovi,  arbusti  tutti pieni di spine, come il rovo di macchia,  con fiori color bianco-rosa e frutti neri chiamati  more,  che crescono nel sottobosco e che a volte  formano delle vere e proprie siepi.

Durante l’inverno non più di 80  anni fa  per molti ragazzi e ragazze  di Costabissara i spinaroli costituivano una fonte di guadagno, misera ma pur sempre meglio di quel  niente con il quale molti dovevano convivere.  Con il permesso del proprietario  si andava  a tagliarli nel sottobosco. Gli spinaroli, raccolti  in fascine, venivano  poi  venduti al fornaio che li usava come combustibile per il forno.

Bisognava fare attenzione che in queste fascine di  spinaroli non finisse  qualche, seppur piccolo,   ramo d’albero…   se il proprietario del bosco se ne accorgeva…  potevano essere guai.

Su quest’epoca tra la fine del 1800 e i primi del 1900  il regista  Ermanno Olmi nel suo film “L’Albero degli zoccoli”, ambientato nella campagna bergamasca del 1898 , quando  per esempio a questa data  mio nonno Costante Zaupa  aveva 1 anno e mio nonno Ermenegildo Romio  ne aveva 10,  ha ben sottolineato quali erano le condizioni di vita di una famiglia contadina.

Dedicato ad Ermanno Olmi e al  suo film   c’è anche un sito web amatoriale (www).alberodeglizoccoli.net al quale rinvio per quanti volessero cogliere qualche ulteriore spunto storico e umano  di quest’epoca vissuta  in prima persona da molti nostri famigliari, nonni o bisnonni.

Maurizio Romio

La vigilia di Natale

Vigilia di Natale in famiglia a Costabissara.

Si, lo posso dire. Ho passato una bella vigilia.

Ho preparato delle lumache alla Borgogna. Le ho mangiate solamente io… la tradizione è confermata.

Mio padre Tarcisio  mi raccontava che alla vigilia di Natale,  quasi 70 anni fa, per mio nonno Ermenegildo era tradizione preparare alla vigilia di Natale … le lumache.

Ho voluto riproporre in famiglia  questa tradizione… le tradizioni sono importanti..
Mio padre mi diceva che non a tutti in famiglia le lumache piacevano…. Infatti a distanza di 80 anni.. mia moglie e i miei figli hanno preferito mangiare altre cose… come da tradizione.

Maurizio Romio

Le origini delle Famiglie dei Romio a Costabissara

Le origini delle famiglie dei Romio a Costabissara

Quali sono le origini dei Romio a Costabissara?

Prima di approfondire questo argomento proviamo a rispondere alla seguente domanda:

Qual’è l’origine del cognome Romio?

Si può presumere che originariamente il nome Romio fosse legato alla città di Roma con il significato “io provengo da Roma,  io sono cittadino di Roma”.

Nell’antica Grecia il nome Rhomaios (Rhom-ios) si usava per indicare una persona che abitava o che proveniva da Roma.

Romioi, cioè romani, o Romios,  se ci si riferiva al singolo individuo, venivano chiamati gli  abitanti di Costantinopoli, città  che per un periodo storico fu capitale dell’ Impero Romano.

Si può quindi ipotizzare che il nome Romio trovi la sua origine nell’antica città di Roma.

Lasciamo ora il passato.

Ritorniamo ai giorni nostri e alla nostra realtà locale… lasciamo la Roma di un tempo e torniamo al  bel paese della provincia di Vicenza chiamato Costabissara.

Come sono arrivati i Romio a Costabissara?

La cosiddetta “soca” dei Romio a Costabissara, termine dialettale con il quale si indica la base dell’albero formata da una parte del tronco e dalle radici,  è costituita da Ermenegildo Romio (nato nel 1888)  e sua moglie Ermelinda Minati (nata nel 1889)  giunti a Costabissara nel 1932 provenienti dalla vicina località  di Montemezzo di Sovizzo.

Ermenegildo e Ermelinda  hanno  dato alla luce dieci figli….

Emilia Romio (1913), Giuseppe Romio, Maria Romio, Elvira Romio, Bruno Romio, Maria Romio, le gemelle Ottavia e Margherita Romio, Annunziata Romio e Tarcisio Romio.

Tarcisio Romio,  tempo fa ha ripercorso l’itinerario fatto dai suoi famigliari.

I genitori Ermenegildo Romio e Ermelinda Minati hanno abitato inizialmente  a  Sovizzo,  in località  Montemezzo.  L’abitazione è oggi (2010)  trasformata in agriturismo. Situata in via Valdiezza, in prossimità dell’incrocio tra Montemezzo e Monteviale, provenendo da Sovizzo questa fattoria la si nota sulla destra.

Da lì  i genitori si sono trasferiti per un breve periodo più a monte sempre in località Montemezzo.

Da Montemezzo  la famiglia, si  trasferisce nel novembre del 1932 definitivamente a Costabissara in località Le Scure, in via San Valentino. (Il nome di questa località, le Scure,  diriva dal fatto che al tramonto  è una zona in ombra in quanto a ridosso di una collina)

In questa casa la famiglia di Ermenegildo Romio ha vissuto fino al 1961.

Casa dei Romio in località le Scure a Costabissara (1942)

Un particolare: a quel tempo era tradizione per molte famiglie traslocare in prossimità dell’ 11 novembre, nel giorno di  San Martino.

Ancora oggi è in uso nelle nostre zone il detto “hai fatto San Martino” con il significato di  “hai traslocato”.

Maurizio Romio