Avifauna in Costabissara (Vicenza). Il Picchio verde

Picchio verde. Green woodpecker

Picchio è il nome comune di vari uccelli che appartengono alla famiglia dei Picidi.

Le specie più note sono il picchio verde (Picus viridis), il picchio cenerino (Picus canus), il picchio nero (Dryocopus martius), il picchio rosso (Dryobates major).

Il nome scientifico del genere Dryobates deriva dal greco antico e sta a indicare il camminare sugli alberi.

Infatti caratteristica del picchio è la capacità di arrampicarsi sugli alberi e di rimanervi aggrappato attraverso l’uso delle forti unghie ricurve.  Altra caratteristica comune della specie è di avere un becco particolarmente forte che gli permette di scalfire le parti tenere di un tronco allo scopo sia di procurarsi  insetti e larve come pure, dopo aver scavato al suo interno una profonda galleria, di costruirsi il nido.

Il picchio verde, ritratto nella foto, è l’unica specie di picchio che normalmente scende a terra. Infatti questo uccello ama nutrirsi a terra di formiche e delle loro uova delle quali è particolarmente ghiotto. Altra caratteristica del picchio verde è quella di farsi sentire nell’ambiente che lo circonda con un suono vocale mentre ad esempio il picchio rosso ama comunicare attraverso il suono che deriva dal suo battere il becco sul tronco degli alberi.

Fotografare il picchio verde non è facile in quanto è particolarmente attento e diffidente. Era da tempo che osservavo, in zona “boschetta” a Costabissara, gli spostamenti dell’esemplare che ho fotografato. Avvicinarmici non è stato facile. Lo attendevo dove in precedenza l’avevo visto e lui regolarmente si posizionava dove io mi ero messo ad aspettarlo la volta precedente. Alla fine sono riuscito a fotografarlo e devo evidenziare che la lunghezza del teleobiettivo che ho usato, l’OM System M.Zuiko ED 150-600mm f/5.0-6.3 IS Sync, micro quattro terzi, equivalente nel formato 35mm ad un teleobiettivo 300-1200mm, mi ha agevolato. Come corpo macchina ho usato l’OM-1 mark II.

Avifauna in Costabissara (Vicenza). The Green Woodpecker

Woodpecker is the common name for various birds belonging to the Picidae family.

The best known species are the green woodpecker (Picus viridis), the ashen woodpecker (Picus canus), the black woodpecker (Dryocopus martius) and the red woodpecker (Dryobates major).

The scientific name of the genus Dryobates derives from the ancient Greek and indicates walking on trees.

In fact, characteristic of the woodpecker is the ability to climb trees and cling to them through the use of strong, curved claws.  Another common characteristic of the species is that it has a particularly strong beak that allows it to scratch the soft parts of a trunk in order both to get insects and larvae and, after digging a deep tunnel inside, to build its nest.

The green woodpecker, pictured here, is the only woodpecker species that normally comes down to the ground. In fact, this bird likes to feed on the ground on ants and their eggs of which it is particularly fond. Another characteristic of the green woodpecker is that it makes itself heard in its surroundings with a vocal sound, while the red woodpecker, for example, likes to communicate through the sound it makes when beating its beak on the trunk of trees.

The green woodpecker is not easy to photograph as it is particularly alert and wary. I had been observing the movements of the specimen I photographed for some time in the ‘boschetta’ area in Costabissara. Approaching it was not easy. I waited for him where I had seen him before, and he regularly positioned himself where I had been waiting for him the previous time. In the end, I managed to photograph him and I must point out that the length of the telephoto lens I used, the OM System M.Zuiko ED 150-600mm f/5.0-6.3 IS Sync, a micro four-thirds lens, equivalent to a 300-1200mm telephoto lens in 35mm format, made it easier. As a camera body I used the OM-1 mark II.

Gli artigli della poiana comune

Poiana comune

“Attenti alla poja”, questa, espressa in dialetto veneto, era l’indicazione, come mi racconta mia mamma Oliva,  che veniva data in passato ai bambini che vivevano nelle fattorie di campagna.

E sì perché questo rapace, la Poiana comune (Buteo buteo Linnaeus, 1758), lungo circa 50-55 cm, con una apertura alare che può arrivare a 128 cm e con un peso che può raggiungere i 1400 grammi, incuteva timore.

Non tanto perché potesse essere di pericolo ai bambini ma in quanto ai bambini era deputato il compito di prestare attenzione durante il giorno alla “poja” affinché non sottraesse i pulcini alla chioccia. Infatti, un tempo, era usuale che le chiocce portassero i loro pulcini ad esplorare gli spazi aperti in prossimità delle fattorie e questo costituiva un pericolo in quanto dall’alto poteva all’improvviso piombare su di loro la Poiana che li avrebbe afferrati e portati via con i poderosi artigli.

Gallo e chioccia con pulcini.

Questo rapace può costituire un ipotetico pericolo per l’uomo solamente se si transita nel periodo della cova, in primavera-estate, nei pressi del nido. In questo caso per difendere i suoi piccoli la Poiana comune potrebbe attaccare chi in quel momento è visto come una minaccia.

Poiana comune

Sempre legato a questo rapace in passato era il detto scherzoso “ma gheto visto la poja?”. Questa frase dialettale veneta veniva verbalizzata nel momento in cui qualcuno si presentava un po’ scosso, magari con i “capelli dritti” per lo spavento appena preso.

Gru in volo sul Delta del Po. Giornata dedicata alla fotografia naturalistica

Stormo di Gru in volo sul Delta del Po. Porto Tolle, 05 02 2025. (Maurizio Romio)

Desideravo da tempo fotografare le Gru.

L’occasione che mi ha permesso di veder realizzata questa mia speranza è stato l’invito da parte di un amico ad un breve viaggio nel Delta del Po all’insegna del birdwatching.

Sapevo che riuscire a vedere e scattare qualche foto a questo grande uccello migratore, le Gru cenerine o eurasiatiche (Grus grus), libere in natura in quest’area, sarebbe stato un po’ difficile però, come si dice, “la speranza è l’ultima a morire” e, se si rimane a casa, magari nella nostra zona “confort”, le opportunità diminuiscono ulteriormente.

Due sono i periodi migratori delle Gru, quello invernale, di novembre e dicembre e quello primaverile, di febbraio e marzo.

In novembre, dicembre le Gru iniziano a migrare dai siti riproduttivi del nord Europa verso i luoghi più temperati della penisola Iberica, le coste del nord Africa e le aree del Medio Oriente. Il viaggio di ritorno, dai siti di svernamento ai siti riproduttivi, inizia invece verso febbraio marzo.

Ecco che allora io e il mio amico, anche lui appassionato di fotografia naturalistica, partiamo di buon mattino verso i luoghi del Delta del Po con la speranza di scattare alcune foto anche a qualche esemplare di Gru cenerina.

Giriamo in auto per le aree vallive intorno alla Sacca degli Scardovari in località di Porto Tolle ma delle Gru nessun segno.

Ci fermiamo presso l’Oasi di Ca’ Mello. Ci addentriamo nell’Oasi e scattiamo qualche foto.

Ad un certo punto il mio amico, più esperto di me nel riconoscimento degli animali, mi dice: “Maurizio, senti questo suono? È il canto delle Gru”.

Usciamo in campo aperto per vedere di localizzare visivamente le Gru.

Purtroppo non riusciamo a vederle e da lì a poco il loro canto si fa sempre più flebile fino a scomparire del tutto. Le Gru si erano allontanate.

Stiamo rientrando a piedi indirizzati al punto di parcheggio della nostra auto ed ecco che in lontananza, alzando lo sguardo al cielo, compare ai nostri occhi uno stormo di Gru costituito da circa una ventina di esemplari.

Sono emozionato.

Scatto qualche fotografia del loro passaggio.

E’ la prima volta che vedo le Gru. In questa occasione le ho viste in volo e non a terra ma ne sono ugualmente felice. Sono fiducioso che avrò ancora l’opportunità di vederle e ritrarre la loro sosta in questi luoghi suggestivi del Delta del Po.

Note: per le fotografie pubblicate ho utilizzato come corpo macchina una OM SYSTEM OM-1 MARK II e come lente il teleobiettivo OM System M.Zuiko ED 150600mm f/5.0-6.3 IS Sync

L’ Oasi Selgea a Zugliano. Una coppia di oche, Rosa e Alfredo

“Rosa” ed “Alfredo” sono i nomi di fantasia di due esemplari di oche che spesso si possono incontrare nel laghetto dell’Oasi Selgea, una riserva naturale collocata al confine tra i tre comuni di Zugliano, Lugo di Vicenza e Fara Vicentino, in provincia di Vicenza.

Un amico di nome Luca, appassionato di fotografia naturalistica, condividendo la mia stessa passione, mi ha invitato a far visita a questa riserva naturale e così, una domenica mattina, assieme, ci rechiamo presso quest’area naturale per scattare qualche foto ai suoi abitanti.

Subito ad accoglierci è venuto “Piero”, un simpatico esemplare di scoiattolo rosso comune, nome scientifico Sciurus vulgaris, che ci osserva curioso dalla sommità di un ramo di un albero.

Scoiattolo rosso

Ecco che, mantenendo lo sguardo verso la cima degli alberi, si nota una coppia di airone cenerino, Ardea cinerea, intenta a preparare il nido che tra poco diventerà la culla dei loro pulcini.

Coppia di Airone cenerino intenta a preparare il nido

Si vede con quanta attenzione e amore il maschio di airone offra un piccolo ramoscello alla compagna per completare il loro nido. Nel caso di questa specie di volatili infatti il nido viene realizzato, già a partire dai primi giorni di febbraio, dalla femmina che intreccia i piccoli rami fornitogli dal maschio.

Scattate alcune foto si prosegue l’itinerario all’interno dell’oasi. Nel mio caso è la mia prima visita a questo ambiente naturale mentre per Luca è un ritorno.

Luca mi racconta che tempo fa ha fatto “amicizia” con due esemplari di oche, un’oca bianca domestica (Anser anser domesticus) e un esemplare di oca canadese (Branta canadensis) che amano trascorrere il loro tempo assieme e che ha battezzato rispettivamente con il nome “Rosa” e “Alfredo”.

La speranza è di rivedere questi due esemplari. Purtroppo osservando lo specchio del lago della coppia non c’è traccia. Cosa supporre?

Forse “Rosa” e “Alfredo”, nella migliore delle ipotesi, se ne sono andati altrove, nella peggiore, forse sono rimasti vittime della trascorsa stagione venatoria.

Stiamo camminando lungo i sentieri, a margine del lago, ed ecco che noto in lontananza, nella parte opposta del lago, quello che a me sembra dall’aspetto un’oca.

Dico a Luca: “guarda Luca, mi sembra di notare in lontananza, sullo specchio del lago, un’oca”.

Luca sembra accendersi d’animo… è “Alfredo!”, mi dice.

Luca inizia a farsi notare con dei richiami da “Alfredo”, che dista da noi una cinquantina di metri.

“Alfredo” sente la voce di Luca e, dapprima un po’ sorpreso ma poi via via sempre più sicuro di sé, inizia la fase di avvicinamento. “Alfredo” si alza in volo e, quasi a “braccia” aperte, atterra difronte a Luca verso il quale si avvicina con fiducia così come quando si rivede un amico dopo tanto tempo.

Luca, come la consuetudine dell’ospitalità vuole, non si presenta all’incontro a mani vuote.

Ma dove sarà la compagna di “Alfredo” battezzata da Luca con il nome “Rosa”?

Di lei non c’è traccia. Triste vedere “Alfredo” nuotare in solitudine sul lago.

Salutiamo “Alfredo” e gli scattiamo, prima di congedarci, qualche foto ricordo.

Oca canadese

A questo punto Luca ed io usciamo dalla riserva naturale e ci incamminiamo lungo l’argine dell’adiacente torrente Astico.

Con felice sorpresa, percorsi poche centinaia di metri, scorgiamo, dentro l’alveo del torrente, in sosta su un lembo di terra, “Rosa”, l’amica e compagna di “Alfredo”.  “Rosa” sta tranquillamente godendosi una bella giornata di sole lungo le rive del torrente.

Oca domestica
Oca domestica (Anser anser domesticus) ripresa nell’alveo del torrente Astico nei pressi dell’Oasi Selgea a Zugliano

“Rosa” e “Alfredo”, lei da una parte lui da un’altra. Che stiano vivendo una crisi di coppia? Più naturale probabilmente che si riservino entrambi dei momenti per se stessi come singoli individui, lei a prendere il sole lungo le rive del torrente Astico, lui a farsi qualche nuotata nel laghetto dell’Oasi Selgea.

In alto i cuori.

Maurizio Romio

Note: le fotografie sono state scattate con una macchina fotografica della OM System, la OM-1 mark-II abbinata al teleobiettivo OM System M.Zuiko ED 150600mm f/5.0-6.3 IS Sync.

Passeggiando lungo le vie di Costabissara

Passeggiando lungo le vie del mio paese, il comune di Costabissara in provincia di Vicenza, con un po’ di attenzione non è difficile scorgere fra i rami degli alberi un piccolo passeriforme, di dimensioni intorno ai 12 cm,  dai colori sgargianti: il cardellino (nome scientifico Carduelis carduelis).

Il suo piumaggio lo rende immediatamente identificabile: maschera del viso color rosso sangue, testa nera all’apice e bianca ai lati, ali nere con banda gialla.

Questo uccellino si nutre principalmente di semi e quindi per la sua localizzazione è bene prestare attenzione a quelle piante che gli offrono il cibo di cui nutrirsi.

È il caso ad esempio del liquidambar styraciflua, noto anche come albero della gomma dolce, un albero originario del Nord America e presente anche nel nostro comune di Costabissara, un albero molto apprezzato per la sua bellezza e per i suoi splendidi colori autunnali simili a quelli dell’acero.

I frutti del liquidambar sono sferici, prima verdi e poi marroni, e contengono al loro interno i semi di cui il cardellino ama nutrirsi. Questi frutti rimanendo a lungo sulla pianta costituiscono anche nel periodo invernale una importante fonte di nutrimento per molti tipi di uccelli.

Il suo becco corto, appuntito e robusto gli permette di forare i semi di cui si nutre. Nel cardellino il dimorfismo sessuale è facilmente riconoscibile. La mascherina rossa sul viso del maschio va oltre l’occhio mentre nella femmina non supera la sua metà. 

Il suo nome, cardellino, è tratto dal nome della pianta, dei semi della quale ama nutrirsi: il cardo.

Rimanendo nella tradizione, ed in particolare nella tradizione cristiana, si dice che la corona di spine posta sul capo di nostro Signore Gesù, al momento della crocifissione, fosse costituita dai rami irti di spine di questa pianta, il cardo. Un cardellino preso a compassione si adoperò per togliere le spine conficcatesi nella fronte di Gesù;  il sangue di Cristo impregnò le piume del viso del cardellino conferendogli da quel momento il caratteristico colore rosso sangue della sua maschera facciale.

Per la ripresa di queste immagini ho utilizzato la seguente attrezzatura fotografica:

Macchina fotografica: OM System OM-1 mark II

Obiettivi: OM SYSTEM M. Zuiko Digital 150-600mm F5.0-6.3 IS

Nel Comune di Costabissara, in provincia di Vicenza,  è giunto l’ibis sacro

Ibis sacro in volo. Costabissara, 27 12 2024. Foto Maurizio Romio

Solo pochi anni fa il posto più vicino, nel mio caso,  dove poter vedere questo uccello era il Delta del Po.

Ibis sacro. Delta del Po, 25 10 2023. Foto Maurizio Romio

Ora invece alcuni esemplari di ibis sacro li ho fotografati nei pressi della mia abitazione, nel comune di Costabissara.

Gruppo di Ibis sacro. Costabissara, 27 12 2024. Foto Maurizio Romio

Ibis è il nome comune di alcuni tipi di trampolieri appartenenti al sottordine delle Cicogne.

Ibis sacro, Costabissara, 27 12 2024. Foto Maurizio Romio

Diffuso in Africa l’ibis era particolarmente comune nella valle del Nilo ora scomparso da questo habitat.

Un tempo gli antichi Egizi pensavano che l’ibis fosse propiziatorio per le piene del fiume Nilo, molto importanti per l’economia dell’antico Egitto. Quando gli ibis raggiungevano l’Egitto significava che le piene del fiume Nilo erano imminenti. Ecco perché l’ibis era considerato un uccello propiziatorio e sacro. Inoltre si riteneva che la sua presenza contrastasse la proliferazione dei serpenti, animali pericolosi per coloro che lavoravano nei campi.

Ibis sacro in volo. Delta del Po, risaie località Ca’ Mello-Porto Tolle, 25 10 2023. Foto Maurizio Romio

L’ibis sacro è lungo una settantina di centimetri compresa la coda; testa e collo sono privi di penne e sono di un colore nero intenso.  

Un ibis sacro adulto trattiene con il becco una rana; Delta del Po, risaie località Ca’ Mello, Porto Tolle, 25 10 2023. Foto Maurizio Romio

L’ Ibis vive in zone umide ricche di corsi d’acqua. Si nutre di crostacei, molluschi, rettili, insetti, pesci e rane.

I giovani ibis, a differenza degli adulti, hanno il collo e il capo ricoperte da piume bianco nere.

Giovane esemplare di ibis sacro. Delta del Po, 25 10 2023. Foto Maurizio Romio
Ibis sacro. Delta del Po, 25 10 2023. Foto Maurizio Romio
Coppia di ibis sacro. Si noti l’anello giallo per la lettura a distanza e il suo riconoscimento. Delta del Po, risaie località Ca’ Mello-Porto Tolle, 25 10 2023. Foto Maurizio Romio

Le dita anteriori dell’ibis sono collegate da una membrana, mentre il dito posteriore è libero.

Una caratteristica di questo uccello è che presenta nella parte inferiore dell’ala un lembo di pelle nuda priva di piume e di color rosso.

Ibis sacro in volo. Costabissara, 27 12 2024. Foto Maurizio Romio
Quello che può sembrare uno scatto in sequenza in realtà è un singolo scatto che riprende tre ibis distinti. Delta del Po, 25 10 2023. Foto Maurizio Romio

Altri ibis in generale li possiamo trovare ad esempio nell’America tropicale, come l’ibis rosso (Guara guara) dal piumaggio vermiglio; nell’Africa orientale e settentrionale ed in Arabia vive l’ibis eremita (Comatibis eremita), così chiamato perché ama vivere in luoghi isolati, più grande dell’ibis sacro e dal piumaggio nero lucente.

Nella foto un raro esemplare di mignattaio (Plegadis falcinellus) fotografato in data 06 07 2024 nelle risaie di Ca’ Mello, Porto Tolle. Un ibis che generalmente vive nelle zone umide del Mar Nero. (Foto Maurizio Romio)

Per la ripresa di queste immagini ho utilizzato la seguente attrezzatura fotografica:

Macchina fotografica:

Olympus E-M10 Mark III

OM System OM-1 Mark II

Obiettivi:

OLYMPUS M.Zuiko ED 100-400mm F5.0-6.3 IS

OM SYSTEM M. Zuiko Digital 150-600mm F5.0-6.3 IS


La cinciarella dal capo blu

Da non confondere con la cinciallegra dal capo nero.

Cincia é il nome comune di molte specie di piccoli passeracei del genere Parus.

Ama vivere sugli alberi dove nidifica nei buchi dei tronchi o nei nidi lasciati incustoditi. Si ciba di insetti, larve e semi.

Molte sono le specie del genere Parus: la cincia mora (Parus ater); la cincia bigia (Parus palustris); la cincia bigia alpestre (Parus atricapillus montanus), che presenta una calotta nera sulla testa, un dorso bruno grigio, un petto e ventre biancastri; la cincia col ciuffo (Parus cristatus mistratus), caratterizzata dalle  penne del capo dal colore nero orlate di bianco che possono erigersi; la cincia codone o codibugnolo (Aegithalus caudatus), caratterizzata da una coda molto lunga rispetto al corpo; la cinciallegra (Parus major) che presenta un piumaggio nero sulla testa, guance bianche, un dorso dalla tonalità color verdastro, ali e coda grigio-azzurre, ventre giallo; la cinciarella (Parus coeruleus) caratterizzata dalla calotta della testa dal piumaggio celeste-azzurro e circondata da un collare nero, un dorso verde-giallastro, ali e coda azzurre, ventre giallo.

Cinciarella. Foto scattata con OM SYSTEM OM-1 MARK II+OM System M.Zuiko ED 150-600mm f5-6.3 IS in località Costabissara (zona Fornaci, roggia Contarina). Maurizio Romio
Cinciarella. Photo with OM SYSTEM OM-1 MARK II and OM System ED 150-600mm f5-6.3 IS. Maurizio Romio

Una cinciarella dal piumaggio variegato e dai colori sgargianti intenta a procurarsi il cibo

Cinciarella. Photo with OM SYSTEM OM-1 MARK II and M System M.Zuiko ED 150-600mm f5-6.3 IS. Maurizio Romio
Cinciarella. Foto scattata con OM SYSTEM OM-1 MARK II+OM System M.Zuiko ED 150-600mm f5-6.3 IS in località Costabissara (zona Fornaci, roggia Contarina). Maurizio Romio
Cinciarella. Foto scattata con OM SYSTEM OM-1 MARK II+OM System M.Zuiko ED 150-600mm f5-6.3 IS in località Costabissara (zona Fornaci, roggia Contarina). Maurizio Romio
Blue tit in winter. Shooting date: 11 01 2025. Location: Costabissara (VI). Camera OM-1 Mark II + OM System M.Zuiko 150-600 F5.0-6.3 IS, F11, 1/160 sec., 600 mm, efov 1200 mm, ISO 200, no tripod, crop.

The blue-headed tit

Not to be confused with the black-headed tit.

Tit is the common name for many species of small passerines of the genus Parus.

It loves to live in trees where it nests in holes in trunks or in nests left unattended. It feeds on insects, larvae and seeds.

There are many species of the genus Parus: the coal tit (Parus ater); the marsh tit (Parus palustris); the Alpine marsh tit (Parus atricapillus montanus), which has a black cap on its head, a grey-brown back, and a whitish chest and belly; the crested tit (Parus cristatus mistratus), characterised by black head feathers edged with white that can stand erect; the long-tailed tit (Aegithalus caudatus), characterised by a tail that is very long in relation to its body; the great tit (Parus major) which has black plumage on the head, white cheeks, a greenish-coloured back, grey-blue wings and tail, and a yellow belly; the blue tit (Parus coeruleus) characterised by a light blue-plumaged head crown surrounded by a black collar, a yellowish-green back, blue wings and tail, and a yellow-plumaged belly.

Photographic equipment

To take these images I used the following photographic equipment:

Camera: OM System OM-1 mark II

Lens: Telephoto OM SYSTEM M.Zuiko Digital ED 150-600mm F5.0-6.3 IS

Shot locations: Italy, Costabissara (VI)

Warm greetings to the blog visitors.

Maurizio Romio

Cinciarella in inverno.
Data scatto: 11 01 2025. Località: Costabissara (VI). Fotocamera OM-1 Mark II + OM System  M.Zuiko 150-600 F5.0-6.3 IS, F9, 1/160 sec., 600 mm, efov 1200 mm, ISO 200, no treppiede, crop. (Click on the photo to enlarge)
Cinciarella in inverno
Data scatto: 11 01 2025. Località: Costabissara (VI). Fotocamera OM-1 Mark II + OM System  M.Zuiko 150-600 F5.0-6.3 IS, F10, 1/160 sec., 600 mm, efov 1200 mm, ISO 200, no treppiede, crop. (Click on the photo to enlarge)

Il profilo alare del gheppio

Gheppio comune (Maurizio Romio)

Nel fare un po’ di pratica all’uso della nuova OM System OM-1 mark II abbinata al supertele OM System ED 150-600mm ho avuto modo di scattare alcune foto ad un gheppio. (Per una migliore visione delle immagini fare un singolo click sulle foto per ingrandirle).

In alcuni scatti ho ripreso il gheppio in volo e mi ha colpito il suo profilo alare.

Gheppio profilo alare (Maurizio Romio)

Cosa si può cogliere osservando il suo profilo alare?

Gheppio comune – profilo alare (foto Maurizio Romio)

Rifacendomi alle nozioni di aereodinamica nel profilo alare del gheppio si può cogliere ad esempio quello che nel gergo aereonautico viene indicato “Il bordo di attacco” ed il “bordo di uscita”, i due estremi del suo profilo alare.

Possiamo immaginare poi la linea che unisce questi due punti chiamata la “corda alare” cioè la linea retta che unisce il bordo d’attacco con il bordo d’uscita e la linea che delimita superiormente il profilo dell’ala, il così detto “dorso” o la linea che delimita inferiormente il profilo, il “ventre”.

Profilo alare del gheppio comune

Sappiamo che durante il volo l’aria esercita sul profilo alare una pressione e vediamo come la conformazione del profilo alare del gheppio possa adattarsi e influenzare questa “forza” che preme sul suo profilo.

L’ala sostanzialmente ha due scopi: generare portanza, cioè la forza necessaria a sollevare e mantenere il corpo in aria; in secondo luogo controllare l’inclinazione del corpo verso destra o sinistra, il così detto rollio,  e questo mediante parti specifiche che nel  caso del nostro gheppio sono rappresentate dalle penne esterne delle sue ali o della sua coda, in aereonautica deputati a questa funzione sono gli “alettoni”.

Quando il profilo alare viene investito dall’aria si generano delle forze aerodinamiche che creano sul ventre una pressione e sul dorso una depressione.

La pressione genera il sostentamento.

Per la ripresa di queste immagini ho utilizzato la seguente attrezzatura fotografica:

Macchina fotografica: OM System OM-1 mark II  

Lente: Teleobiettivo OM SYSTEM M.Zuiko Digital ED 150-600mm F5.0-6.3 IS 

Luoghi dello scatto: Costabissara (VI) zona umida La Boschetta

Un cordiale saluto ai visitatori del blog.

Maurizio Romio

Parte superiore dell’ala del gheppio. Costabissara, 10/01/2025
Faccia ala inferiore del gheppio. Costabissara, 10/01/2025
Fra gli artigli una locusta appena catturata. Costabissara, 10/01/2025

Altri articoli che ho pubblicato che riguardano il gheppio comune

Gheppio con pulcini: https://www.romio.family/2023/06/20/gheppio-con-pulcini/

Avifauna in Costabissara: https://www.romio.family/2023/03/11/avifauna-in-costabissara/

Rapaci del delta del Po – gheppio comune: https://www.romio.family/2022/12/10/rapaci-del-delta-del-po-gheppio-comune/

Giornata dedicata al birdwatching nel Delta del Po. Fotografata una rara nutria albina.

Da poco ho aggiunto al mio corredo fotografico il recente teleobiettivo della OM System, l’M. Zuiko 150-600mm 5.0-6.3 IS.

Un teleobiettivo, il 150-600mm, con spiccate peculiarità per l’avifauna e quindi mi son detto: “Perché non provarlo direttamente nel suo ambiente più naturale, nel parco naturale del Delta del Po?”

Pubblico quindi di seguito una serie di immagini frutto di questi primi approcci all’uso di questo zoom super tele micro quattro terzi 150-600mm della OM System che, nel formato 35 mm, equivale ad un teleobiettivo 300-1200mm.

Come corpo macchina fotografica ho usato la mia fidata Olympus E-M10 Mark III.

Dal punto di vista meteorologico la giornata dedicata al test presenta una foschia diffusa, una condizione che si presenta di frequente nel mese di novembre, e quindi, “fotograficamente” ci si deve sintonizzare su questa linea d’onda, cercando di cogliere negli scatti ciò che in questo periodo la natura e i suoi “residenti”  offrono in termini di colori, situazioni e atmosfera.

Nel corso della giornata ho avuto occasione di scattare alcune immagini ad un rapace molto comune in questi luoghi del Delta del Po, la Poiana comune, nome scientifico  Buteo buteo Linnaeus, 1758.

Osservando la Poiana comune nel suo ambiente naturale ho potuto cogliere alcuni aspetti dei suoi momenti di caccia.

Eccola ritratta appoggiata su un punto di osservazione dominante dal quale osserva l’ambiente circostante pronta a scattare verso una possibile preda.

Nelle due immagini che seguono invece possiamo notare una poiana comune nascosta fra l’erba mentre scruta la folta vegetazione di un piccolo corso d’acqua.

Oppure la possiamo cogliere in volo lungo le sponde di un argine

Nell’immagine seguente vediamo una poiana ferma a terra in un punto dove il colore marrone predominante del suo piumaggio si mimetizza con il colore dell’ambiente circostante (click sull’immagine per ingrandire)

Altre immagini che ho scattato nel corso della giornata che ho dedicato al birdwatching.

Fotografata una rara nutria albina

In natura incontrare una nutria selvatica albina è molto raro. L’albinismo è una mutazione genetica poco presente nel regno animale e consiste nell’assenza della melanina, la sostanza che dà colore alla pelle, ai capelli e agli occhi con lo scopo di proteggere questi organi dalla luce solare.

Per questo motivo chi presenta questa forma di anomalia genetica è più a rischio di sopravvivenza, sia perché meno difeso difronte alle malattie e sia perché l’animale albino che vive in natura è più vulnerabile ai suoi predatori data la sua poca mimetizzazione nell’ambiente in cui vive. 

Ecco perché in natura è estremamente raro incontrare un animale selvatico albino.

Nutria albina – Delta del Po – località Porto Tolle (foto Maurizio Romio)
Nutria albina – Delta del Po – località Porto Tolle (foto Maurizio Romio)

Per la ripresa di queste immagini ho utilizzato la seguente attrezzatura fotografica:

Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III

Lente: Teleobiettivo OM SYSTEM M.Zuiko Digital ED 150-600mm F5.0-6.3 IS 

Luoghi dello scatto: Sacca degli Scardovari – Porto Tolle (Rovigo)

Un cordiale saluto ai visitatori del blog. Maurizio Romio

I DUE FRATELLI CIGNO

Lo scorso fine settimana ho avuto occasione di scattare, in un laghetto situato nel Comune di Costabissara, alcune foto ad una coppia di giovani cigni.

Sono due fratelli, molto uniti fra di loro, introdotti in questo laghetto nel 2019.

Non so il loro nome o se mai ne hanno alcuno, però un nome da dar loro ce l’avrei. Li chiamerei…

Per la ripresa di queste immagini ho utilizzato la seguente attrezzatura fotografica:

Macchina fotografica: Olympus E-M10 Mark III

Obiettivo: M.Zuiko 150-600mm F5.00-6.3 IS