Una giornata di pesca alle foci del Po della Pila

Da  tempo  io e mio figlio Saverio progettavamo di trascorrere una giornata di pesca alle foci del Po.

Foci del Po della Pila - Busa di Dritta

 

L’occasione di  poter realizzare questa idea è arrivata recentemente, quando un nostro amico, Maurizio,  con l’hobby della pesca ed esperto dei luoghi del delta del Po, ci ha invitato sulla sua nuova barca,  per una battuta di pesca.

 

La giornata  inizia molto presto con la sveglia che suona alle 4.15 del mattino.

 

Il tempo che la sveglia finisca di suonare e mio figlio è già vestito e pronto a partire.

L’obiettivo, indicato dal nostro amico pescatore, è quello di essere nei luoghi di pesca già di primo mattino in occasione del cambio di marea.

Alle otto siamo pronti a lasciare gli ormeggi presso il molo della darsena, situata nei pressi del Villaggio dei Pescatori di Pila in località Porto Tolle… con la bilancia issata sulla poppa della barca, una Karnic Bluewater.

Capitan Maurizio dà l’ ok per salire in barca… Si parte.

Ci fermiamo per una prima battuta di pesca nei pressi del faro del Po di Pila.

Faro di Punta Maestra a Pila di Porto Tolle

La giornata non è delle più brillanti dal punto di vista meteorologico… inizia a piovere.

 
 
 

Fiume Po località Pila di Porto Tolle

 

Se “tutto il male non viene per nuocere”  ecco che il cattivo tempo,  a volte può offrire, a chi, come me, piace fare qualche fotografia, momenti  particolari e suggestivi e così, mentre i “pescatori” sono impegnati in barca tra il pescare e il ripararsi dalla pioggia, io prendo dalla tasca dei miei pantaloni la macchina fotografica, una Olympus uTough-6000, ed inizio a guardarmi attorno, cercando di fissare con lo scatto fotografico alcuni istanti di questa bella giornata… di brutto tempo.

 Nel corso del pomeriggio il cielo volge al sereno…

 
 

Foci del Po faro di Pila

 

mentre non migliora il bottino di pesca che a fine giornata non conta nessuna cattura; ma, come dice il nostro capitano Maurizio: “non tutte le giornate di pesca sono uguali”, con la certezza che, come aggiunge un altro nostro amico pescatore di nome Floriano, la prossima volta… “non si potrà altro che migliorare”.

Pescare alle foci Po della Pila - Busa di Dritta

Rally History – Antonillo Zordan nella storia del rally

Rally History

Antonillo Zordan, storia e successi di un Campione di Rally.

Fra gli sport motoristici il rally è sempre stato uno sport ricco di fascino. Forse perché si tratta di una specialità “popolare” nel senso che il rally per le sue caratteristiche è particolarmente vicino alla gente. I piloti di rally, infatti, utilizzano auto che derivano da quelle di serie e percorrono strade frequentate normalmente dal comune cittadino. Il rally è praticato da molti piloti “locali”, fattore che contribuisce a coinvolgere ancora di più non solo gli appassionati ma anche coloro che di rally sono meno informati. I rallisti sono poi facilmente avvicinabili dal pubblico in vari momenti della competizione, come ad esempio alla partenza del rally o delle prove speciali, nei parchi assistenza, ai riordini o al momento conclusivo dell’arrivo sul palco. Tutti fattori che contribuiscono al successo di questo spettacolare settore dell’automobilismo.

Un bel controsterzo di Antonillo Zordan in coppia con Marco Marchetti in azione in un rally su Ferrari 308 GTB

Anche Costabissara ha il proprio campione di rally, Antonillo Zordan che ora ci aiuterà nel prosieguo di questo articolo a ripercorrere la sua prestigiosa carriera agonistica.

Antonillo Zordan debutta nelle competizioni nel 1972 alla guida di una Fiat 128 SL Coupé gruppo 1 al Rally due Valli di Verona.

Nel 1973 Zordan guida una Fiat 128 SL Coupé gruppo 2 preparata dalla Fiat Ceccato di Schio. Sin da subito Zordan, affiancato in veste di navigatore dall’amico Danilo Dalla Benetta, si dimostra un pilota con un forte potenziale, conquistando piazzamenti di valore assoluto come l’ottavo posto al Rally del Medio Adriatico che gli vale un riconoscimento di merito da parte della Fiat.

Significativo sarà il fatto che nel corso degli anni il pilota bissarese conserverà immutata questa sua passione per la guida nelle competizioni rallistiche.

Siamo a Vicenza, è il 20 novembre del 1976. Zordan Antonillo è ai nastri di partenza del 4° Rally Internazionale Campagnolo che si corre sulle strade dell’entroterra vicentino. La cornice di pubblico è quella della grandi occasioni. Migliaia sono gli appassionati assiepati lungo il percorso del rally.

L’ obiettivo di Zordan al volante di una Porsche Carrera 911 2.7 RS con a fianco Danilo Dalla Benetta,  è la vittoria nel gruppo 3, quello riservato alle auto sportive di serie.  Al via  molti piloti di spessore, tra i quali il pilota ufficiale Lancia,  Tony Carello alla guida di una Lancia Stratos gruppo 4 con i colori Alitalia in coppia con Arnaldo Bernacchini.

Dopo una gara da “libro Cuore”, il  21 novembre del 1976 Antonillo Zordan, su Porsche Carrera 911, taglia il traguardo al primo posto assoluto davanti al pilota ufficiale Lancia, Tony  Carello.

A fine gara la Porsche del driver vicentino viene minuziosamente controllata dai commissari tecnici, sotto lo sguardo attento dei responsabili Lancia. Come aveva assicurato Walter Kruger, l’amico meccanico di  Zordan che aveva curato l’allestimento della vettura,  tutto  risulta regolare. Dopo aver superato anche la prova delle verifiche tecniche,  Antonillo Zordan riesce nell’impresa, forse unica nel suo genere,  di vincere un rally internazionale  alla guida di una vettura di serie, tenendo testa ad un pilota alla guida di quella che a quei tempi era considerata l’auto regina della specialità, la Lancia Stratos.  Onore va anche al pilota Lancia, Tony Carello (che Zordan ricorda come un vero “signore”),  futuro campione europeo (1978), per la combattività e sportività dimostrata nel corso della gara.

   

La storica coppa del 4° Rally Internazionale Campagnolo del 1976 vinto dal pilota Antonillo Zordan in coppia con Danilo Dalla Benetta su Porsche Carrera 911 RS gruppo 3

Zordan, alla guida del prestigioso ed elegante coupé della casa automobilistica di Stoccarda, si aggiudica per ben due anni consecutivi, 1976 e 1977, il titolo di campione del gruppo 3, rispettivamente nel campionato rally nazionali e nel campionato rally internazionali.

“Nel 1977,  racconta Zordan, ricevetti un’ offerta dalla Fiat per correre con la Fiat 131 Abarth ufficiale…il contratto prevedeva dei costi a mio carico. Misi in vendita la mia Porsche ma i tempi erano stretti e non riuscii a trovare il budget necessario”.
Antonillo Zordan e Danilo Dalla Benetta su Fiat 131 Abarth al Rally dell’Isola d’Elba del 1981 valido per il Campionato d’Europa Rallies conduttori coeff. 4

Altro appuntamento con la storia…Sanremo, 6 ottobre 1980.

22° Rally Mondiale di Sanremo, Italia.

Zordan,  in coppia con Danilo Dalla Benetta,  è alla guida di una Opel Ascona 2000 RS gruppo 1, messagli a disposizione dalla Conrero Squadra Corse di Virgilio Conrero.  Dopo 2868 chilometri di gara, dei quali 821 cronometrati percorsi dall’asfalto sanremese agli sterrati toscani,  l’equipaggio vicentino, portacolori della Scuderia Palladio, si classifica ottavo assoluto e  primo dei  privati. Si racconta che al “Mago”, così veniva soprannominato Virgilio Conrero, all’arrivo, nel vedere Zordan sul palco,  si fossero inumiditi gli occhi.

In questa 7° prova del Campionato del Mondo Marche Rallies, Antonillo Zordan, primo dei piloti Opel,  ottiene importanti punti per la casa automobilistica tedesca entrando lui stesso in graduatoria nel Campionato del Mondo Piloti Rally con 3 punti iridati nel quale, al termine della stagione agonistica,  sarà preceduto, considerando solo i piloti italiani, da Attilio Bettega (15 punti), Sandro Munari (10 punti) e Angelo Presotto (4 punti).

Nel 1981 si fa strada l’ipotesi di Antonillo Zordan all’ Opel per condurre l’ Opel Ascona 400, ma la speranza, purtroppo, è rimasta tale perchè il sogno di un volante ufficiale su un’auto di vertice,  per il pilota di Costabissara,  non ha potuto trovare concreta realizzazione.   Zordan  rimane pilota privato… forse “privato” di  un volante ufficiale che avrebbe fatto non solo la gioia di Zordan ma anche dei tifosi, degli appassionati e della storia dei rally.

Zordan, con la sua grande passione  per il mondo dei  rallies, è  riuscito  in ogni caso a far fronte alle numerose “incredibili fatiche imposte da questo sport”, come lui stesso ha sottolineato in una intervista apparsa sul quotidiano Il Giornale di Vicenza del 30 luglio 1988 nella quale l’ “uomo” Zordan si racconta.

San Marino 3 – 4 marzo 1979…classifica del 7° Rally Internazionale di San Marino Trofeo Fernet Tonic, gara di apertura del campionato italiano rally internazionali: 1. Tony Fassina-Mannini  (Lancia Stratos)  2. Tabaton-Rogano (Lancia Stratos) 3. Zordan-Dalla Benetta (Porsche Carrera 911SC)  4. Ceccato-Zami (Fiat Abarth 131) 5. Pasetti-Barban (Fiat Abarth 131). A Zordan abbiamo chiesto qualche ricordo legato a questo rally: “…ricordo quando in una delle prove speciali su fondo stradale innevato e ghiacciato sono rimasto senza chiodi sulle coperture pagando un gap cronometrico mentre ero in lotta al volante della mia Porsche contro la Stratos di Fabrizio Tabaton. Per un fattore economico nelle competizioni utilizzavo quasi sempre pneumatici meno performanti rispetto ai modelli migliori disponibili sul mercato. A fine gara i tecnici Pirelli rimasero sorpresi nel vedermi concludere  terzo assoluto con la tipologia di gomme che avevo usato. Poco tempo dopo attraverso Elio Nori della Nori Gomme  mi arrivarono gratuitamente alcuni “treni” di gomme Pirelli da terra. 

Il fattore pneumatici è di fondamentale importanza nelle competizioni.

L’equipaggio Antonillo Zordan e Danilo Dalla Benetta su Porsche Carrera 911 SC in lotta contro le Stratos termina al terzo posto della classifica generale al Rally di San Marino del 1979 valido per il Campionato Europeo Rally.

Le gomme nuove, prosegue Zordan,  le ho avute a disposizione in rare occasioni che si possono contare sulle dita di una mano. Per lo più usavo gomme di seconda scelta oppure  andavo a recuperarle già usate da altri piloti. Due “treni” nuovi di pneumatici dalle ottime prestazioni li ho impiegati in occasione della vittoria al Rally Internazionale Campagnolo del 1976. Abituato com’ero,  mi sembrava in quella circostanza che la mia Porsche  fosse incollata per terra e corresse su due binari”.

Nel corso della sua carriera agonistica Zordan si cimenta alla guida di diverse vetture:

la Fiat 128 SL Coupé gruppo 1

la Fiat 128 SL Coupé gruppo 2

la Porsche 911 S 2.4 gruppo 3

la Porsche 911 S 2.5 gruppo 4

la Porsche 911 Carrera 2.7 RS  gruppo 3

la Porsche 911 Carrera 2.8 RS gruppo 4

la Porsche Carrera 911 SC 3.0 gruppo 4

la Porsche Carrera 911 3.0 RS gruppo B

l’ Opel Kadett 2000 GT/E  gruppo 1

l’ Opel Ascona 2000 RS gruppo 1

l’ Opel Kadett 2000 GT/E  gruppo A

la Ferrari 308 GTB gruppo B

la Fiat Abarth 131 gruppo 4

la Lancia Rally 037 gruppo B

la Lancia Delta 4wd gruppo N

la BMW M3 gruppo A

la Mitsubishi Evo IX gruppo N

la Ford Escort gruppo N

la Ford Escort gruppo A

la Ford Sierra Cosworth gruppo N,

la Ford Sierra Cosworth 4X4 gruppo A,

la Ford Sierra Cosworth gruppo A.

/…

Il 25 ottobre del 1986 Antonillo Zordan, in coppia con Marco Marchetti, nella gara d’ esordio alla guida della Lancia Rally 037 al 15° Rally due Valli di Verona valido per il CIR – Trofeo Italia Nord, si classifica al secondo posto assoluto.

“La Lancia 037, racconta Zordan, è stata una vettura con la quale mi sono subito trovato a mio agio. Al debutto durante il Rally due Valli del 1986, corso in parte sul bagnato, non ho avuto problemi… una macchina completa… il trasferimento di carico in frenata alleggeriva il posteriore… percorrevo la curva e via… a volte sembrava quasi di guidare un go-kart…leggera”… scattante, veloce.

Antonillo, mentre ripercorre i ricordi legati alle “sue” auto si fa portare dal figlio Luca  l’album fotografico. Davanti ad una foto che lo ritrae alla guida della  Porsche 911 S 2.5 gruppo 4 condotta in gara nei rally italiani nel 1974 e nel 1975 Zordan evidenzia: “Si tratta di un modello che la casa automobilistica Porsche ha prodotto in pochi esemplari. L’auto ha un motore di 2500 cc di cilindrata, una scocca molto leggera e parti della carrozzeria in vetroresina, era ottima sullo sterrato. A quel tempo rimasi sorpreso nel vedere le soluzioni adottate dai tecnici tedeschi su questa scocca riguardo, ad esempio, i rinforzi utilizzati per contrastare il fenomeno delle crepe. L’avevo acquistata dal conte Girolamo Capra,  pilota e appassionato del marchio Porsche. Questa Porsche 911 S 2.5, originariamente color bianco e poi verniciata color rosso,  si trova ora presso il museo Porsche nella sede della casa madre di Stoccarda”.

Antonillo Zordan in azione nei rally su Porsche 911 S 2.5 (stagione agonistica 1974-1975)

A condividere l’abitacolo al fianco di Zordan si succedono i navigatori Mirco Pavan, Danilo Dalla Benetta, Luigi Dalla Pozza, Mario Bedin, Daniele Ciocca, Mauro Peruzzi, Marco Marchetti.

Alcuni  importanti  risultati conseguiti da Antonillo Zordan, oltre ai precedenti già citati,   sono le  vittorie nelle tre edizioni 1976, 1977 e 1978 al  Rally di San Marino, nel 1979 il 4° posto assoluto e primo di classe su  Porsche Carrera gr. 4 al Rally della Costa Smeralda in Sardegna, valevole per il campionato italiano ed  europeo, nel 1980 l’ ottavo posto assoluto e la vittoria nel gruppo 1 su  Opel Kadett 2000 GTE al Rally della Costa Smeralda, risultato questo che vale la temporanea leadership  del campionato italiano della categoria. Nel 1988 alla guida della Ford Sierra Cosworth in coppia con Marco Marchetti  vince il Rally di Adria, il Rally del Friuli e delle Alpi Orientali a Majano in provincia di Udine, il Rally d’ Autunno, arriva terzo al Rally Città di Bassano e  secondo assoluto al Rally di Asti. Si aggiudica il campionato di Coppa Italia  quarta zona.

Ecco come Zordan racconta lo scherzo che ha fatto quella volta ai suoi amici che l’ attendevano in  prova speciale:  

“L’ episodio si è svolto al Rally di San Marino del 1978… si trattava dell’ ultima prova speciale …  eravamo in testa al rally con un significativo margine di vantaggio… verso la fine della prova cronometrata abbiamo visto i nostri amici e a quel punto… io e Mario (Bedin n.d.r.) ci siamo fermati nella “speciale” per salutarli.  Subito pensavano ad una avaria meccanica e c’era già chi, come Gianfranco Marconato, stava recriminando contro la sfortuna per questo epilogo…. li abbiamo salutati  e siamo ripartiti… andando a vincere la gara”.

Ad anni di distanza dal suo debutto, Antonillo Zordan sfreccia ancora sulle prove speciali cogliendo successi alla guida di una Porsche Carrera 911 SC 3.0 nei rally storici; sua nel 2009 la vittoria assoluta, in coppia con il navigatore Marco Marchetti, in occasione della sesta edizione del Rally Storico Città del Palladio corso sulle strade del vicentino. L’ 11 dicembre del 2010 a Vicenza Antonillo Zordan riceve dalle mani del Presidente dell’ Automobile Club Italia, ACI Italia, il premio per la carriera agonistica. (…la storia continua) 

 

La Goletta e la fontana

fontana a Costabissara "Il dono della Vita" Parco del Donatore

          

  

 La Goletta e la fontana – appunti di viaggio.

 

L’ estate, si sa, è il mese delle vacanze, dei viaggi.

La storia che sto per raccontarvi, realmente accaduta,  ha per protagonista un bissarese, il signor Michele S.

Siamo in agosto e il signor Michele con la sua famiglia sta trascorrendo una breve vacanza in Piemonte presso il parco delle Terme di Lurisia in provincia di Cuneo.

Lungo la strada che dall’ hotel conduce alle terme si trova  una sorgente d’acqua e un  pomeriggio Michele e sua moglie decidono di fermarsi per attingere un po’ d’acqua.

Da lì a poco un altro signore, che chiameremo con un nome di fantasia signor Antonio,  si avvicina  alla stessa fontana….

“Per fortuna che c’è questa fontanella che ci aiuta a recuperare un po’ di frescura… oggi è una giornata particolarmente calda”  sottolinea il signor Michele rivolgendosi al signor Antonio.

Antonio: siamo certi della bontà di quest’acqua?

La moglie di Michele: da buona veneta preferisco un buon bicchiere di vino, però stia tranquillo… quest’acqua è ottima ed è  ricca di proprietà salutari.

Michele: anche noi, nel vicentino, abbiamo un’ottima acqua…

Antonio: pure dalle mie parti, nel trevigiano, abbiamo un’ottima acqua…

La moglie di Michele: dall’ accento non si direbbe che lei è veneto… 

Antonio: lei signora ha ragione.. io sono nato a Tunisi da genitori italiani,  ho frequentato le scuole francesi e per molti anni ho vissuto e lavorato in Tunisia.

Michele, un po’ sorpreso: Lei è nato a Tunisi? anch’io sono nato a Tunisi, per esattezza a La Goletta.

Antonio rimane in silenzio.

Antonio: anch’io sono nato a La Goletta.

Si guardano.

Antonio: io, a La Goletta,  ho frequentato le scuole elementari ed avevo un compagno di banco che si chiamava Michele, Michelino per gli amici. L’ha mai conosciuto?

Michele fissa Antonio con lo sguardo e risponde: “sono io!.. ma lei chi è?”

Antonio: io sono il tuo compagno… Bevilac..

Le lacrime bagnano i loro occhi…

Dopo quasi 60 anni Michele e Antonio si abbracciano davanti a quella fontana… nuovamente seduti sui banchi di quell’aula della scuola elementare della Goletta.

Nel corso degli anni i due amici ed ex- compagni di scuola rimarranno in contatto epistolare.

 

 

fontana Il dono della Vita (Costabissara) scultore Alfonso Fortuna. Foto di Maurizio Romio

 

Corsi d’acqua di Costabissara: roggia Contarina

Ho scelto il primo giorno di primavera per scrivere questo mio tributo ad uno dei corsi d’acqua di Costabissara: la roggia Contarina

Perché parlo di tributo?

Perché sono particolarmente legato a questa piccola roggia bissarese dalle nobili origini chiamata Contarina.

Sin da bambino sono sempre stato “vicino” a questo corso d’acqua.

Lungo le sue sponde costruivo, insieme ai miei compagni di gioco, i “forti”. Questi erano dei ripari realizzati utilizzando e intrecciando fra loro i rami degli alberi… per dare un’idea… alla fine il “forte” che si erigeva era qualcosa di simile ad un capanno per cacciatori.

Le “albere” oltre a fornire il materiale per le nostre fortezze, davano sostegno alle rive,  ricovero agli uccelli e sulla loro corona potevano essere raccolti i funghi “d’albera”.

E poi sulle acque di roggia Contarina una volta in alcuni punti si navigava.

Si navigava? E come?

Semplice…si prendeva un bancale in legno, sotto si infilavano alcune taniche in plastica ed ecco…  la zattera era fatta, ci si saliva sopra e via… su e giù… lungo il suo corso. Ogni tanto ci si ritrovava a bordo anche in due, tre marinai… ma a questo punto l’equilibrio si faceva così precario che qualche volta si cadeva in acqua…un problema se succedeva nei mesi più freddi!… non tanto per la temperatura rigida… ma per le sgridate che rischiavamo di prendere quando poi si tornava  a casa bagnati.

La pesca.. altro aspetto interessante di questo corso d’acqua. Roggia Contarina è una roggia dalle acque limpide e pulite.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       Questo particolare è dovuto al fondo ghiaioso, costituito da piccoli sassi, poi alla presenza di piante acquatiche che ossigenano e depurano l’acqua ma soprattutto ritengo dipenda dal fatto che lungo il suo itinerario ci sono numerose canne che alimentano il flusso facendo risalire  l’acqua sorgiva dal sottosuolo fino al suo alveo.

Anguille, lucci, cavedani, lamprede, spinarelli, sanguinelle… erano e sono presenti nelle sue acque ma questo però deve rimanere un segreto… altrimenti i pescatori arrivano.

Come quell’estate del 1948. A pescare nelle sue acque c’erano allora due giovani ragazzi bissaresi…un certo Versara dalla Filanda e un suo amico….. Mio nonno Costante si avvicina loro e dice: “Tusi, xe meio che tornè verso casa… a xe drio rivare el bruto tempo”. I giovani pescatori non prestano però  attenzione al consiglio di chi li invitava a rientrare velocemente alle loro abitazioni prima dell’arrivo del temporale.

Da lì a poco… mio nonno se li ritrova impauriti dentro casa… i ragazzi si erano rifugiati a casa sua  per salvarsi da quello che era diventato nel frattempo un uragano… dal cielo mista alla grandine scendevano ora… anche i pezzi di copertura del tetto della Chiesa parrocchiale di Costabissara.

In passato, negli anni ’50,  aveva scelto di trovar casa  a Costabissara,  lungo le rive di roggia Contarina nei pressi della zona Fornaci, pure un fagiano. Con il trascorrere del tempo era diventato quasi una leggenda locale… lo si poteva notare e sentire ma mai nessun cacciatore riusciva a prenderlo. Questa situazione si è protratta per molte stagioni fino a che, per lui, un brutto giorno… un cacciatore, cercando un uccello “impallinato” fra le sterpaglie… lo vede… due scoppiettate… e il fagiano dalla coda lunga… termina la sua storia lungo le sponde di roggia Contarina.

Se la fauna aveva perduto i caldi e vivaci colori del fagiano nel corso degli anni in questo luogo, in prossimità del ponte “dal tubo de fero”, la flora ha conservato il colore giallo delle Primule, l’ azzurro dei Crocus, il bianco e il viola  delle Margherite e delle Violette,  il celeste dei Nontiscordardimé.       

Ai giorni nostri lungo il suo scorrere si può scorgere la Gallinella d’acqua, qualche Airone intento a pescare e se siamo fortunati possiamo ammirare il Martin Pescatore che con il suo volo radente dona al colore verde dell’ambiente circostante il contrasto del suo blu quasi fosforescente.

Ma proviamo ora con l’immaginazione a fare un salto nel passato…remoto…proviamo a ritornare nella Costafabbrica del 1500, così si chiamava Costabissara a quel tempo, quando la roggia non esisteva. Proviamo ad immaginare le persone che alla fine del XVI secolo iniziano a scavare nella campagna bissarese questo canale… su iniziativa della nobile Signora Cecilia Contarini,  in un ambiente a tratti paludoso… mentre in altri punti distese di campi si aprono quasi a perdita d’occhio… qualche fattoria isolata qua e là… contadini intenti  al lavoro nei campi… bambini che giocano e che guardano pieni di curiosità  il nascere di questa roggia…

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               A distanza di 400 anni, poco più di 10 nonni… dopo, ci siamo noi ora che passeggiamo lungo le sue sponde… c’è mio figlio che gioca e pesca lungo le sue rive.. c’è chi fa jogging, chi porta a passeggio i nipoti, chi il proprio cane… tra 400 anni…. proviamo ad immaginare di navigare nel 2411 sulle acque di roggia Contarina…  riusciamo ad immaginare qualcosa di così lontano?

Un saluto.

Maurizio Romio

La boschetta di zona Fornaci a Costabissara

La boschetta di zona Fornaci a Costabissara.

Quand’ero ragazzino, negli anni sessanta,  andavo spesso a pescare in una zona che presentava alcune risorgive in località Fornaci a Costabissara denominata La Boschetta e situata ai confini del borgo di Maddalene vecchie  in provincia di Vicenza.

Recentemente in occasione di una passeggiata lungo via Fornace ho desiderato rivedere a distanza di anni quest’area acquitrinosa. Lasciata la strada principale in prossimità del piccolo ponte che passa sopra roggia Contarina, percorse poche decine di metri lungo la “caresà delle Sette Canne” così denominata per la presenza lungo il suo percorso di sette canne d’acqua,  mi addentro in questa  “boschetta”.

Dei piccoli laghetti di un tempo, ce n’erano tre, ne è rimasto ora solamente uno, ridotto di  dimensioni  e profondità.

Un tempo in questo specchio d’acqua si pescava.

Ricordo quella volta che mi è scappata una tinca. Posizionato con la mia canna da pesca sulla riva dello stagno intento a  prendere qualche “scardola”,  all’improvviso vedo il galleggiante scomparire sott’acqua. Tiro… sento che il pesce oppone resistenza. Sono sorpreso… questa volta, penso,  ha abboccato qualcosa di grosso. Vedo che si tratta di una tinca di grosse dimensioni. Riuscire a prenderla sarebbe stata una grande soddisfazione. Cerco di issarla a riva ma essendo l’amo sottodimensionato rispetto alla preda ecco che al momento di tirarla fuori dall’acqua… la tinca si svincola dalla presa… e ritorna libera nel suo ambiente. Meglio così.

L’ area palustre della Boschetta è oggi più limitata rispetto ad un tempo mentre si è conservata  parte della vegetazione  tipica delle zone umide e costituita da canne palustri e alberi a crescita spontanea.

In passato i “carègheta”  scendevano dalle località di  Torreselle e Ignago del Comune di Isola Vicentina  fino alla “boschetta di Costabissara” per raccogliere la  “caressa” (carice  – carex pendula), un’erba dalle foglie particolarmente taglienti ma anche molto resistenti, da utilizzare nel  loro lavoro di  impagliatori di sedie.

Intorno agli anni 1940 1945 nell’area della Boschetta veniva effettuata l’estrazione della torba.   

Nel concludere questa breve storia aggiungo che nel periodo di chiusura per manutenzione straordinaria della Chiesa Parrocchiale di Costabissara avvenuta nel 1935,   molti residenti di via Fornace usufruirono della “caresà delle sette canne” per raggiungere in alternativa la piccola Chiesa di Maddalene vecchie.

Ai  miei figli,  impegnati in questo momento nell’apprendimento della lingua Inglese,   ricordo che i termini  dialettali veneti  “caresà”, “caredà” o “cavedagna”  indicano  una carreggiata di campagna adibita al passaggio di attrezzature agricole, animali o persone avente spesso l’ulteriore funzione di delimitare i confini delle  proprietà agricole.  

Un ringraziamento particolare va a mia mamma Oliva per il contributo reso nella ricostruzione dei ricordi  legati a questa zona umida localizzata nei pressi di Costabissara.

Pastori a Costabissara

I pastori a Costabissara

Come in primavera c’è chi aspetta l’arrivo delle rondini così io da bambino a Costabissara aspettavo l’arrivo dei… pastori.

Si,  proprio i pastori…

Pastori a Costabissara di Maurizio Romio

Il proprietario del gregge si chiamava Albino ed era coadiuvato nel lavoro da alcuni suoi famigliari.

Residenti a Gallio,  i pastori con il loro gregge giungevano puntualmente ogni inverno a Costabissara provenienti dall’ Altopiano di Asiago.

Sostavano qualche giorno nelle nostre campagne bissaresi e riprendevano poi la transumanza verso altre località.

L’ arrivo dei pastori era per me motivo di gioia. Durante il giorno li seguivo nei loro spostamenti riuscendo a cogliere vari aspetti della loro attività.

Ho avuto modo di apprendere per esempio l’importante ruolo dei cani da pastore.

Ai cani era affidato il compito di raggruppare il gregge.

Al semplice fischio del pastore i cani si mettevano in azione, il gregge in breve tempo era ricompattato e pronto per trasferirsi al successivo pascolo.

Il contributo dei cani era importante anche per la salvaguardia dei singoli animali.

Ricordo ad esempio quando una pecora, caduta in una roggia, fu salvata grazie al fatto che Mori,  uno dei cani che seguiva il gregge,  accortosi di quanto accaduto, abbaiando,  aveva attirato l’attenzione sul povero animale in procinto di annegare permettendo così il suo salvataggio.

Alla sera i pastori preparavano il loro ricovero per la notte sul campo del nonno. I miei occhi di bambino guardavano con stupore questo strano letto, fatto di un sottofondo di fieno e di paglia.  Avranno freddo?   Come faranno a dormire all’aperto?  Queste le domande che mi ponevo.

La giornata si concludeva con la cena dei pastori a casa dei nonni.  Abitualmente portavano con sè tutto il necessario, bastava solamente che mia nonna Cesira scaldasse loro il cibo.  Questa era anche l’occasione per fare un po’ di filò.

Il giorno dopo, al rientro a casa terminata la scuola, scrutavo dalla finestra l’orizzonte per vedere se in lontananza riuscivo a scorgere il gregge… inutilmente… Albino e suo fratello con il loro gregge erano partiti.

Provavo tristezza…  ma di una cosa ero certo… il prossimo inverno sarebbero tornati.

In queste grigie giornate invernali provate ad affacciarvi alla finestra… non si sa mai… magari si può ancora scorgere a Costabissara qualche pastore di passaggio con il suo gregge…

(Post scritto da Romio Maurizio per il blog Romio at Costabissara)

Quando a Costabissara si usava la monega e la fogàra

Le tradizioni di una volta.

Quando a Costabissara si usava la “monega” e la “fogàra”.

In un passato non molto lontano a Costabissara c’era chi durante l’inverno per scaldare le lenzuola del letto usava due oggetti: la “fogàra” e la “monega”.

I più giovani potranno chiedersi che cosa sono questi strumenti.

Vediamoli allora assieme.

La fogara è un contenitore in terracotta o in metallo per le braci ardenti.

In cucina una volta era di uso comune la stufa a legna. Come prodotto della combustione della legna si ottenevano le braci. Le braci, distese sul piano del camino,  potevano essere usate per cucinare qualche salsiccia o fetta di  salame ai ferri oppure potevano essere utilizzate per riempire appunto la “fogara”.

Sul fondo della “fogara” si metteva un po’ di cenere, poi le braci ardenti che a loro volta venivano coperte da altra cenere.

 

(nella foto la fogara con le braci)

Cosa serviva la fogara?

La fogara abbinata alla monega serviva per riscaldare le coperte del letto.

La monega era una struttura in legno, dotata di due ampi archi e con una base di metallo.

(Foto della monega)

 

Gli archi della “monega” servivano per mantenere le coperte del letto leggermente rialzate mentre sulla base di metallo della “monega” si appoggiava la fogara.

La monega e la fogara venivano così poste sotto le coperte.

 

Durante le fredde notti invernali nelle camere da letto di un tempo, dotate allora di serramenti tutt’altro che ermetici, si riusciva in questo modo ad ottenere un calore particolare ed inimitabile.

Quando a Costabissara si andava a spinaroli

Ho chiesto a mio figlio  se sa cosa sono i “spinaroli”. 

Mi ha risposto di no.

Probabilmente a Costabissara sono pochi i ragazzi che lo sanno.

I “spinaroi” o “spinaroli” sono i rovi,  arbusti  tutti pieni di spine, come il rovo di macchia,  con fiori color bianco-rosa e frutti neri chiamati  more,  che crescono nel sottobosco e che a volte  formano delle vere e proprie siepi.

Durante l’inverno non più di 80  anni fa  per molti ragazzi e ragazze  di Costabissara i spinaroli costituivano una fonte di guadagno, misera ma pur sempre meglio di quel  niente con il quale molti dovevano convivere.  Con il permesso del proprietario  si andava  a tagliarli nel sottobosco. Gli spinaroli, raccolti  in fascine, venivano  poi  venduti al fornaio che li usava come combustibile per il forno.

Bisognava fare attenzione che in queste fascine di  spinaroli non finisse  qualche, seppur piccolo,   ramo d’albero…   se il proprietario del bosco se ne accorgeva…  potevano essere guai.

Su quest’epoca tra la fine del 1800 e i primi del 1900  il regista  Ermanno Olmi nel suo film “L’Albero degli zoccoli”, ambientato nella campagna bergamasca del 1898 , quando  per esempio a questa data  mio nonno Costante Zaupa  aveva 1 anno e mio nonno Ermenegildo Romio  ne aveva 10,  ha ben sottolineato quali erano le condizioni di vita di una famiglia contadina.

Dedicato ad Ermanno Olmi e al  suo film   c’è anche un sito web amatoriale (www).alberodeglizoccoli.net al quale rinvio per quanti volessero cogliere qualche ulteriore spunto storico e umano  di quest’epoca vissuta  in prima persona da molti nostri famigliari, nonni o bisnonni.

Maurizio Romio

La vigilia di Natale

Vigilia di Natale in famiglia a Costabissara.

Si, lo posso dire. Ho passato una bella vigilia.

Ho preparato delle lumache alla Borgogna. Le ho mangiate solamente io… la tradizione è confermata.

Mio padre Tarcisio  mi raccontava che alla vigilia di Natale,  quasi 70 anni fa, per mio nonno Ermenegildo era tradizione preparare alla vigilia di Natale … le lumache.

Ho voluto riproporre in famiglia  questa tradizione… le tradizioni sono importanti..
Mio padre mi diceva che non a tutti in famiglia le lumache piacevano…. Infatti a distanza di 80 anni.. mia moglie e i miei figli hanno preferito mangiare altre cose… come da tradizione.

Maurizio Romio